Parola di Dio

“La parola di Dio è viva, efficace […] discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.” (Eb 4, 12)

Lasciati interrogare dalla Parola di Dio: leggila, ascoltala, meditala, seguila. 


Il Buon Profumo

Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: “Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto”.

Mc 14, 3-9

 

Possiamo non ricordarci un evento, un volto, delle parole dette o ascoltate, …
Ma difficilmente ci dimentichiamo il profumo di un luogo o di una persona: subito alla mente riaffiorano emozioni, ricordi.
Se poi quel profumo è accompagnato da un gesto così eclatante come quello letto nel brano del Vangelo di Marco, sarà ancora più difficile perderne i dettagli, il significato, il ricordo!
E il profumo che ci viene presentato non è un profumo qualsiasi, ma “profumo di puro nardo, di grande valore”. Estremamente prezioso. Così come pregiato era il vaso di alabastro che lo conteneva.
Vaso frantumato e profumo sprecato: ecco i protagonisti del brano di questo Vangelo. Ecco le due immagini da cui vogliamo lasciarci provocare in questo tempo di Pasqua.
Scopriamo allora i doni di grazia custoditi dal racconto dell’evangelista Marco.

 

Mentre Gesù si trova a Betània, seduto alla tavola di Simone il lebbroso, ecco entrare una donna: non sappiamo chi sia (non ne conosciamo né il nome, né la storia). In mano porta un vaso prezioso, che non viene semplicemente aperto: viene rotto, viene reso inutilizzabile in futuro… viene SPRECATO!
Il gesto della donna ha la forza di attirare l’attenzione di tutti: commensali, discepoli, … l’attenzione di ciascuno di noi. Sì, anche noi: perché forse, in fondo, anche tu e io la pensiamo allo stesso modo: “Perché questo spreco?! Che bisogno c’era di rompere quel vasetto. Sarebbe bastato aprirlo. Perché frantumarlo?! …Perché rovesciare tutto quel profumo? …Perché scegliere di compiere quei gesti di cura e di tenerezza capaci solo di attirare critiche e giudizi da parte degli altri?!”

La risposta sta in un’altra domanda: “Non è che, per caso, questa donna ha capito meglio di tutti il modo di agire del Maestro?!”

In fin dei conti, tutta la vita di Gesù si è giocata sul significato più profondo dell’Amore: amare significa donare, perdere, sprecare, … Come ha fatto Lui, in quella “stanza al piano superiore” (Mc 14, 15), chinandosi a lavare i piedi dei suoi amici e spezzando per loro il Pane della Vita; o in quell’orto, circondato solo dalla compagnia degli Ulivi, tradito, rinnegato e abbandonato da chi gli aveva appena promesso di seguirlo fino alla fine (Mc 14, 32-52); o, ancora, su quella croce, insultato e sbeffeggiato da tutti (Mc 15, 29-33).
Eppure, proprio come quel nardo versato dalla donna, Gesù non ha mai smesso di effondere il Profumo buono di Dio. Il profumo di un Padre che ci continua ad amare, imperterrito. Nonostante tutto!

E allora ci piace immaginare che la fragranza di quel profumo abbia impregnato il legno di quella croce che ha spalancato le braccia del Figlio di Dio, e di quel sepolcro che ne ha accolto il corpo. Quel profumo, scaturito da un vaso spezzato, è diventato simbolo dell’Amore senza misura, dell’Amore che vince la morte. Dell’Amore fedele del Risorto che oggi chiede a noi di farci annunciatori gioiosi di Speranza:

La tomba di Gesù è aperta ed è vuota! […] Gesù Cristo è risorto, e solo Lui è capace di far rotolare le pietre che chiudono il cammino verso la vita. Anzi, Lui stesso, il Vivente, è la Via: la Via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità. Lui ci apre il passaggio umanamente impossibile, perché solo Lui toglie il peccato del mondo e perdona i nostri peccati. E senza il perdono di Dio quella pietra non si toglie. Senza il perdono dei peccati non si esce dalle chiusure, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci, dalle presunzioni che sempre assolvono sé stessi e accusano gli altri. Solo Cristo Risorto, donandoci il perdono dei peccati, apre la via per un mondo rinnovato.

(cfr. Messaggio Urbi et Orbi di papa Francesco, Domenica 31 marzo 2024)

 

 

Questa donna ci ricorda che noi siamo fatti per sogni grandi, per quell’Amore che punta all’Eternità.
Dove ci sono persone che fanno della propria vita un dono d’amore, si diffonde il profumo della vita!

Quale Parola di Vita Nuova e di speranza mi è stata donata in questa Pasqua?

Quale gesto d’amore scelgo di compiere oggi?

Quale profumo voglio spandere nei luoghi del mio quotidiano?

 

Ci lasciamo con un testo di don Luigi Verdi e con l’augurio di diventare ogni giorno di più vasi traboccanti del buon Profumo di Dio!

 

L’amore fa nascere gesti,
è un canto di note leggere,
amore di Maddalena
con le mani traboccanti
di dolcezza
unge di profumo ogni cosa
capelli dove dimorano
nuovi mondi,
piedi liberi di danzare sogni.

 

L’amore assolve,
comprende, piange
e rinasce dentro l’amore.
L’amore quando si impiglia
da qualche parte
aggiunge luce a luce
fino a salvare il non amore.

 

Cresce dove trova un po’ di acqua,
di terra e di luce,
porta sale alla bocca
e lacrime agli occhi,
fa sentire la tua piccola vita
salvata dal Suo sguardo.

Un deserto che attrae!

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e disse: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Mc 1,12-15

 

 

Chiudi gli occhi e immagina un deserto. Facile, vero?

Ora però fai un altro piccolo sforzo e cambia prospettiva: perché il deserto che interessa noi è fatto di rocce. Non sabbia, dunque, ma pietre e rocce.

Il silenzio, quello sì che è facile da immaginare. Eppure il silenzio che ci offre il deserto non è solo quello acustico, ma è quel Silenzio che ci permette di vedere le cose da un altro punto di vista; è quel Silenzio che ci permette di farci attenti, vigili, e di scavare nelle profondità di noi stessi per ritrovare ciò che per noi è davvero “essenziale”.

E, a volte, questo fa paura!

Perché allora, come immagine del tempo forte che stiamo vivendo (il tempo della Quaresima), la Chiesa ci propone proprio il deserto?

Per metterci in guardia?! Vuoi andare scrupolosamente alla ricerca di tutti i nostri difetti, mancanze, fragilità e porvi rimedio rapido?!

NO!

Papa Francesco (nel suo Messaggio per la Quaresima) ci aiuta a pensare al deserto come

lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una personale decisione di non ricadere schiava.

Visto così, il deserto assume una forma diversa. Potrebbe diventare perfino… attraente!

Venire? La risposta la possiamo trovare nella Bibbia: tutto l’Antico Testamento è costellato di momenti, eventi, incontri, vissuti in quest’ambiente apparentemente sterile e ostile. Eppure lì, dove tutto sembra tacere, Dio si mostra in tutta la sua Tenerezza, portando consolazione, perdono, liberazione, incontro intimo.

E’ successo ad Agar ea suo figlio Ismaele, presi per mano e incoraggiati a scorgere una sorgente d’acqua per potersi dissetare e intraprendere passi di vita nuova (Genesi 21, 1-21); lo ha sperimentato il popolo di Israele che, in quarant’anni di cammino, si è fatto testimone della fedeltà e caparbietà di un Dio che, nonostante lamentele e ribellioni, non ha smesso di rinnovare il suo Amore e la sua Predilezione (Esodo 15, 1-21; Deuteronomio 4, 32-40; Salmo 136(135) ); ne ha fatto esperienza il profeta Elia quando, rintanato in una grotta, sperimenta la delicatezza di Dio celato in un sussurro di brezza leggera (1Re 19, 9-13).

E’ successo a Gesù di Nazareth, che nel deserto di Giuda vi ha trascorso quaranta giorni e quaranta notti, lottando contro la tentazione successo, del potere, della facile soddisfazione dei propri bisogni e desideri. Il Figlio di Dio lotta, sceglie di mettersi in discussione, per fare verità.

E noi? Siamo disposti a metterci in gioco per fare verità in noi stessi?

Per farlo però dobbiamo decidere di entrare in quel deserto, di scavare nelle profondità di noi stessi e ritrovare cos’è (o CHI!) è l’Essenziale della nostra vita. Scopriremo che così come la dura roccia del deserto custodisce sotto di sè la freschezza di un’acqua dissetante, allo stesso modo quegli spazi di silenzio e preghiera ricercati e vissuti, possono diventare luoghi di incontro intimo con l’Amato:

 

la attirerò a me,

la condurrò nel deserto

e parlerò al suo cuore (Os 2,16)

 

Dio è capace di far sgorgare acqua zampillante dalla roccia, di far rifiorire la vita partendo da ciò che a noi sembra solo terra sterile! Nel deserto, allora, può rifiorire la vita! 

Un mistico del XIV secolo (Richard Rolle) così si esprime:

L’Amato conduce la sua amata lontano dalla confusione della folla. Là, sola con lui solo, ella si siede nella pace.

Egli, rivestito di gioia, le dice ciò che più gli sta a cuore.

 

Inoltriamoci allora in questo tempo di Quaresima ricercando spazi di ascolto della Parola, di confronto con chi ci sta accompagnando, di gesti concreti di cura verso chi ha più bisogno, … sicuri di essere custoditi dal Padre .

 

Ci lasciamo con le parole di una sua ora Francescana Angelina molto cara a tutte noi: Madre Giulia Ceriani (Superiora Generale nel ventennio post-conciliare):

Scrolliamoci dalle spalle, dal cuore, da noi stesse la stanchezza, la sfiducia che si è creata in noi, attorno a noi e con animo pieno di speranza ricominciamo un cammino nuovo.

San Paolo ci dice che è il tempo opportuno, quello che viviamo e da poco iniziato. E’ tempo di conversione. Certo la conversione non è così facile come dirlo, perché vuol dire rimettere in discussione noi stessi, la nostra mentalità, lasciarsi prendere da Cristo totalmente e, a questo fine, fare spazio a Lui […].

Questo è l’augurio che ci lasciamo per questo tempo che ci separa dalla Pasqua.

Buon cammino a tutti!

 

Qui sotto riportiamo il link del Messaggio di papa Francesco per la Quaresima 2024:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/lent/documents/20231203-messaggio-quaresima2024.html

Quando il DONO si fa LIBERTA’

Eccoci qui, pronti a ricominciare un nuovo anno insieme. Nel tempo del Natale ci siamo lasciati interpellare dalla culla che ha accolto il Bambino di Betlemme. In questo anno, continueremo a farci accompagnare da alcuni dettagli che la liturgia ci dona: volti, oggetti, parole che talvolta passano quasi inosservati, ma che in realtà custodiscono un tesoro prezioso per le nostre vite!

 

Ecco il brano del Vangelo che ci farà da guida in questo mese:

 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore –  come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio.

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Lc 2,22-24; 36-38

 

Chissà quanta gente c’era quel giorno nel Tempio di Gerusalemme.

Se chiudiamo per un istante gli occhi, possiamo immaginare il vociare della folla, i colori sfarzosi degli abiti di donne e uomini che si muovono indaffarati in ogni direzione; i versi degli animali e le urla dei venditori appostati con i loro banchetti ricolmi di merce più o meno preziosa.

Probabilmente Gesù vedrà questa stessa scena con occhi diversi: occhi di un uomo ormai adulto, colmo d’indignazione e di rabbia per come l’uomo ha ridotto la sua relazione con Dio. Sarà questo che lo porterà a fare il gesto eclatante della “cacciata dei venditori”.

Oggi, però, è ancora presto.

Oggi lo sguardo di Gesù è quello di un neonato, portato in braccio dai suoi genitori.

Giuseppe e Maria passano inosservati in mezzo alla folla, portando con loro quel Figlio così speciale, insieme all’offerta: una coppia di tortore o due giovani colombi. E’ l’offerta dei poveri.

Il Figlio di Dio si presenta al Tempio portando con sé l’offerta più umile!

Se avessimo potuto scegliere noi la “trama” di questa Storia, certo avremmo optato per qualcosa di più grande, di più sontuoso…. Il nostro ingresso sarebbe stato a dir poco trionfale, da lasciare tutti a bocca aperta. Perché in fondo il mondo funziona così: se vuoi essere visto e ascoltato, devi fare rumore! Se davvero vuoi che qualcuno si accorga di te, non puoi essere banalmente te stesso. Devi fare qualcosa di estremo o, perlomeno, di diverso dagli altri.

Dio, invece, sceglie un’altra logica: la logica del piccolo seme, che cresce senza fare rumore; la logica di quella piccola monetina, che poco vale, ma che viene donata con una generosità infinita; la logica del tempo sprecato per andare in cerca di quell’unica pecora smarrita (anche se al sicuro a casa ce ne sono altre novantanove forse anche più ubbidienti!).

Quella coppia di tortore e quei due giovani colombi, allora, ci ricordano la logica di un Dio che non ha paura delle nostre povertà, ma che le abbraccia e le fa sue.

L’offerta portata al tempio da Maria e Giuseppe diventa perciò simbolo della verità di noi stessi, della capacità di mostrarci agli altri e a Dio per quello che siamo, senza maschere, senza sovrastrutture.

Quanto sarebbe bello e liberante metterci di fronte a Dio così!

…e la risposta di Dio non si fa attendere: tra la folla, ecco avvicinarsi lo sguardo attento e luminoso di due saggi (Simeone e Anna), che cantano la Bellezza di un Dio-vicino, di un Dio Buono e Provvidente, di un Dio capace di sognare in grande sulla nostra vita!

Lasciamoci guidare anche noi dallo sguardo sapiente di chi cammina accanto a noi ma che ha più anni di cammino: dai nostri nonni, dal parroco, dalle suore, da un educatore, … senza paura di presentarci con in mano le nostre due tortore!

 

Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica rivolta ai giovani (Christus Vivit) racconta che:

[…] un giovane delle Isole Samoa, ha detto che la Chiesa è una canoa, in cui gli anziani aiutano a mantenere la rotta interpretando la posizione delle stelle e i giovani remano con forza immaginando ciò che li attende più in là. Non lasciamoci portare fuori strada né dai giovani che pensano che gli adulti siano un passato che non conta più, che è già superato, né dagli adulti che credono di sapere sempre come dovrebbero comportarsi i giovani. Piuttosto, saliamo tutti sulla stessa canoa e insieme cerchiamo un mondo migliore, sotto l’impulso sempre nuovo dello Spirito Santo.

(ChV 201)

Per concludere, ci lasciamo con un testo di don Luigi Verdi, unito all’augurio di una buona continuazione di cammino.

 

Quando l’abitudine

Ci fa perdere la libertà,

lasciamo che le nostre unghie

graffino le pareti di cemento

in cui ci siamo rinchiusi

per trovare il cielo

e aprirci ad un libero sguardo.

 

Chi ha salde radici

Non soffre la gravità,

non si vergogna

di andare con il vento,

riesce a cantare nella notte.

 

In quei momenti

È come se una scintilla divina

Tagliasse le vene della libertà

E tutto si riempisse di luce.

LA CULLA

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù.   (Lc 1, 18-21)

 

Piccola.

Intagliata nel legno.

A guardarla si direbbe che è venuta davvero bene. Dopotutto quello è il mestiere di Giuseppe di Nazareth.

Questa volta però è diverso: quell’oggetto a cui ha lavorato con tanta cura, porta con sé un significato profondo.

Quella culla accoglierà il Figlio di Dio!

Sembra impossibile. Eppure è così.

Dio, l’Eterno, l’Onnipotente, Colui che “neppure i cieli dei cieli possono contenere…”, entrerà bambino in quella piccola e umile culla di legno.

E a Giuseppe, sconosciuto falegname di Nazareth, spetterà il compito di crescerlo.

La paura è grande; il senso di inadeguatezza sembra un macigno pesante.

In un mondo in cui vincono i più forti, in cui ha ragione chi urla di più, chi è più violento, chi non si mostra mai fragile… cosa può mai dire un bimbo indifeso?

Giuseppe, forse come noi, si pone queste domande. Ma sceglie di non dare risposte affrettate, risposte date in un momento di paura, di incertezza, in cui tutto sembra essere senza senso. Giuseppe, al contrario, sceglie l’ATTESA.

Attende con fiducia e coraggio. Attende in silenzio. Attende senza smettere di sognare. Perché è questo che desidera Dio per noi: che diventiamo grandi sognatori. Come? Iniziando a fare SCELTE CORAGGIOSE (ci insegna papa Francesco).

E le scelte più grandi sono quelle che si fanno nel quotidiano, che vanno a trasfigurare la nostra vita lì dove siamo chiamati a vivere, con pazienza e con la certezza di non essere soli in questo cammino.

Allora, all’inizio di questo Tempo d’Avvento, vogliamo lasciarci provocare da quella culla, in attesa di accogliere il Dio fatto Bambino, ponendoci tre domande:

 

Quale dono Dio vuole fare alla mia vita?

Come posso fare spazio per accogliere Gesù che sta per nascere?

Quale speranza sono chiamato/a a portare agli altri?

 

Mettiamoci anche noi in Attesa!

Un’Attesa che però ha lo sguardo già rivolto al Verbo di Dio che ha scelto di farsi carne; che ha scelto di farsi bambino fragile, bisognoso di tutto. Che ha scelto, e sceglie ogni giorno, di fidarsi dell’uomo.

Un’Attesa che si fa preghiera: Marana thà! Vieni, Signore Gesù!

 

 

Qualche anno fa un vescovo pugliese così scriveva:

 

Vuoi spiegarmi, Giuseppe, come hai accolto il mistero di quella culla?

E perché mai tu, l’uomo dei sogni, torni ogni tanto verso quel piccolo nido di legno, e trattieni il respiro, e tendi l’orecchio illudendoti di ascoltare un vagito?

Oh, figlio della casa di Davide, raffrena la tua impazienza: il bambino che sta per nascere è sì un Dio gratuito, tanto gratuito che spunterà come rugiada sul vello, ma tu devi attendere ancora, e anche la culla deve attendere;

anzi, non rimanerci male se ti dico che quel nido, costruito da te con tanta tenerezza, resterà vuoto per sempre: sarà troppo piccolo per tuo figlio, quando egli, dopo tanto peregrinare, metterà piede finalmente nella tua casa.

Da ben altro legno del resto saranno cullate le membra del Dio fatto uomo! Ma stavolta non spetta a te costruirlo! […]

 

Si è fatto tardi, Giuseppe. […] Tra poco Nazareth si addormenterà sotto la luna.

Di là, vicino al fuoco, là, vicino al fuoco, la cena è pronta. […]

E poi c’è Maria che ti aspetta.

Ti prego: quando entri da lei, sfiorala con un bacio.

Falle una carezza pure per me.

E dille che anch’io le voglio bene.

+ Don Tonino Bello (4 Marzo 1990)

 

 

Il testo completo della Lettera a san Giuseppe di don Tonino Bello lo puoi trovare a questo link:

https://www.parrocchiasansabino.it/doc/Don%20Tonino%20Bello_Lettera%20a%20San%20Giuseppe.pdf

SCORGERE LA SANTITÀ

Carissimi giovani,

eccoci al nostro ultimo appuntamento con lo sguardo di Gesù che ci ha accompagnato in questo anno e dal momento che “Tutti i salmi finiscono in gloria”, come recita un famoso proverbio, anche noi desideriamo concludere lodando Dio per un dono grande ricevuto il giorno del nostro Battesimo: la santità.

 

Tutti siamo chiamati a diventare santi, a camminare su questa via che ha un nome e un volto: Gesù.

Eppure Gesù nei Vangeli non nomina mai la parola “santo” o “santità”. Come mai? Da buon ebreo conosceva sicuramente l’espressione del Levitico 

Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo (Lv 19,2).

Subito nella nostra testa parte il film sui molteplici sacrifici che dobbiamo fare per guadagnarci la santità perché Dio ci ha detto di fare così e di imitarlo!

Ti do una bella notizia: puoi riavvolgere il nastro, perché questa frase dice l’esatto contrario: “Tu puoi essere santo perché io, il Signore, sono Santo! Lascia fare a me, fidati di me, tieni fisso lo sguardo su di me, al resto ci penso io!”. Questa è la garanzia della nostra santità, che altro non è se non imparare a guardare tutto con lo sguardo di Dio; è una chiamata a cui siamo liberi di rispondere e in questa libertà ci possiamo provare, cadere, rialzarci, fare passi indietro e passi in avanti, cercare e trovare, affidarci a Lui sapendo che è sempre Lui a fare il primo passo verso di noi, perché ci ama.

 

Don Bosco ripeteva sempre che “in ogni giovane, anche il più infelice, c’è un punto accessibile al bene. Compito di un educatore è trovare quella corda e farla vibrare”.

Gesù non parla di santità in maniera esplicita ma ci mostra come diventare santi guardando tutto e tutti con gli occhi del Padre, riuscendo a scorgere in ciascuno il bene, la corda della santità da far vibrare insieme a Lui.  

Pensiamo allo sguardo di Gesù verso Pietro. Seppur consapevole della sua impulsività, del suo temperamento, del tradimento che avrebbe subito, Gesù non ha mai smesso di guardarlo con gli occhi della misericordia perché ha riconosciuto in Lui il germoglio della santità che è, infatti, cresciuto portando Pietro ad essere il primo apostolo a guidare la Chiesa appena nata, fino alla scelta di dare la vita per Gesù e oggi Pietro è diventato San Pietro.

Pensiamo alla Maddalena dalla quale Gesù aveva scacciato sette demoni. Non ha forse visto il seme della santità posto in lei guardandola e amandola profondamente per ciò che era e non per quello che poteva offrire di sé? Ed ecco che oggi noi preghiamo Santa Maria Maddalena, la donna che ha scelto di rimanere accanto a Gesù fin sotto la Croce e che al mattino di Pasqua va al sepolcro, incontra Gesù e diventa la prima annunciatrice della Sua Risurrezione.

Pensiamo allo sguardo di Gesù verso il buon ladrone durante la Crocifissione. Gesù scorge nel cuore di quell’uomo un vero pentimento e gli promette il Paradiso… la tradizione gli attribuisce il nome di Disma ed oggi noi preghiamo San Disma.  

Noto a tutti è lo sguardo che Gesù rivolge a Levi, seduto al banco delle imposte, perché scorge nel suo cuore il desiderio di essere amato, di poter tramutare la riscossione delle tasse, dove tutto ha un prezzo, in amore gratuito ed oggi noi conosciamo Levi come San Matteo.

Pensiamo a Marta che, nonostante le lamentele per essere stata lasciata sola a servire, è capace di fare una delle professioni fede più belle, in un momento difficile come la morte del fratello Lazzaro: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (Gv 11,27). Gesù coglie il suo seme di santità ed oggi noi preghiamo Santa Marta.

Gli esempi potrebbero andare avanti per pagine e pagine…

Gesù ha aiutato uomini e donne a diventare ciò che il Padre ha pensato per loro: santi!!! Lasciati accompagnare da Gesù in questo cammino che ha come meta la santità, sii aperto allo Spirito Santo e all’originalità di Dio che con noi compie davvero meraviglie.

Non avere paura della santità (…) perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere”. (Papa Francesco, Gaudete et exultate n° 32).

Uno sguardo MISSIONARIO

Carissimi giovani,

eccoci finalmente a riprendere il nostro percorso sullo sguardo di Gesù.

Finora abbiamo riflettuto sull’importanza di questo sguardo come alfabeto vero e proprio dell’Amore per poi soffermarci su alcuni aggettivi che, tra i tanti, potessero caratterizzarlo: penetrante perché capace di leggerci dentro, folle perché capace di un Amore che va oltre la morte, amicale perché cammina al nostro fianco, trinitario perché capace di comunione profonda, riposante perché degno di fiducia. Quale potrebbe essere un’altra caratteristica?

Beh, siamo nel mese di ottobre, mese che la Chiesa dedica alle missioni ad gentes, e lo sguardo di Gesù è sicuramente uno sguardo missionario, che ci spinge ad uscire da noi stessi e ad annunciare al mondo la bellezza dell’Amore che abbiamo incontrato.

Per comprenderne il significato ci lasciamo guidare dalla Parola di Dio: Lc 10, 1-9.

 

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa!». Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio».

 

 

Lo sguardo di Gesù che trapela da questo brano è, infatti, uno sguardo missionario perché è:

  • incamminato, mai immobile o seduto, ma sempre proteso verso l’altro;
  • in minoranza (…la messe è abbondante ma pochi gli operai…), non è mai arrivato ma vive in un continuo apprendistato;
  • espropriato (…come agnelli in mezzo a lupi…), disposto a lasciarsi mangiare, ricco solo di ciò che il Padre gli dona, parole d’amore e gesti di tenerezza;
  • benedicente (…pace a questa casa…): la pace è portata nelle città, spazi dove gli uomini imparano a vivere da fratelli; nelle strade, dove c’è frenesia e fretta; nelle case, luoghi veri di gioia e di dolore, dove l’uomo è veramente sé stesso.

 

Ora tocca a noi, discepoli di Gesù di oggi, chiamati a guardare il mondo, le cose e le persone con i Suoi stessi occhi, occhi di chi si prende cura di ogni uomo!!! Papa Francesco dice che se la vita cristiana perde di vista l’orizzonte dell’annuncio si ammala: la missione è il suo vero ossigeno, la rinvigorisce e la purifica. Non aspettiamo di essere perfetti o di essere cintura nera di catechismo, tutto inizia dalla nostra quotidianità, testimoniando con gioia, ogni giorno, la bellezza dell’amore che ci ha guardato, salvato e sollevato. 

 

Annunciamo, dunque, la venuta del Suo regno, compiendo i Suoi gesti, pronunciando le Sue parole, guardando gli altri con la Sua amorevolezza e cura perché chiunque ci incontri si senta amato, considerato, ascoltato. Facciamo nostro lo sguardo missionario di Gesù perché possiamo sentirci tutti destinatari del Suo amore.

 

 

 

Se volete anche voi vivere un’esperienza missionaria condividiamo le date della formazione missionaria, aperta a tutti, al termine della quale si potrà vivere un’esperienza di servizio e di missione e, di seguito, il link del nostro sito missionario dove troverete molte altre informazioni.

 

IO SONO UNA MISSIONE

1-3 dicembre 2023                 19-21 aprile 2023

16-18 febbraio 2023               7-9 giugno 2023

https://missioni.angeline.it/#mission

SGUARDO IN CUI RIPOSARE

Carissimi giovani,

l’estate è ormai arrivata e per tutti è tempo di relax e riposo dopo le fatiche di questo anno, chi per un tempo breve, chi per un tempo più lungo… ad ogni modo vivremo la grazia del riposo! Eh sì, perché anche il riposo è un dono di Dio, è la ricompensa per il lavoro compiuto ma è anche il tempo di preparazione alla ripresa. Il riposo è talmente importante per la nostra vita che Dio crea l’uomo il sesto giorno e il settimo lo fa riposare con Lui e in Lui per cui il primo giorno completo che l’uomo vive è di riposo.

Attenzione!!! Questo non significa che dobbiamo solo riposare (basta pensare al giardino dell’Eden affidato all’uomo da Dio, da coltivare e curare!) ma che lavoro e riposo hanno la stessa importanza. Ecco allora il tempo giusto per collocare i nostri occhi in quelli di Gesù e fare l’esperienza di riposare nel Suo sguardo.    

Ricordate quel brano del Vangelo in cui Gesù invita i discepoli ad andare con Lui in disparte per riposarsi al rientro dalla loro missione? Questo è l’invito che Gesù rivolge anche a noi… proviamo allora a vivere così il tempo delle nostre vacanze e, consapevoli che Lui non va in vacanza, anzi continua a prendersi cura di noi anche attraverso il riposo del nostro corpo.

 

Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. (Mc 6, 30-32)

 

Lo sguardo di Gesù verso i discepoli, e quindi verso di noi, è a 360°: vede la gioia che traspira dalle loro parole nel raccontare il risultato della loro missione ma, allo stesso tempo, nota e comprende la loro stanchezza e li invita ad andare in disparte, non da soli ma con Lui, per riposarsi. Nel Suo sguardo, nella Sua Parola, nell’Eucarestia, nell’intimità con Lui, nel tempo di riposo che ci viene donato, ritroveremo le forze e le energie necessarie, la capacità di dare il giusto peso alle faccende e alle preoccupazioni quotidiane, il ritrovo del senso e dei criteri del nostro agire.

La sfida è ardua perché il fare, la frenesia della quotidianità, i pensieri, l’idea di pianificare già una parte del nuovo anno, tenteranno sicuramente di distoglierci dal riposo eppure Dio ha plasmato il tempo e gli esseri umani a Sua immagine e noi dobbiamo cercare di lasciarci plasmare dal tempo di Dio e rispondere con un nostro modo creativo di usare il tempo! L’unica possibilità è creare e vivere in pienezza questo tempo di riposo perché possa poi riempire le nostre future giornate, esistenze e periodi.

Riposiamo nel Suo sguardo per ricordare e ringraziare il Signore per quanto abbiamo vissuto di bello, buono e fecondo per la nostra vita; riposiamo nel Suo sguardo per vigilare e godere della Sua presenza viva e vera che intensifica la nostra gioia e la nostra pace; riposiamo nel Suo sguardo per riporre in Lui ogni speranza e affidare alle Sue braccia amorose ogni progetto e ogni scelta futura.

TRE SGUARDI IN UNO

Carissimi giovani,

in questi primi passi di ripresa del tempo ordinario, desideriamo lasciarci guidare dallo sguardo di Gesù unito ad altri due sguardi, quello del Padre e dello Spirito Santo.

Questa domenica, 4 giugno, infatti, la Chiesa celebra la solennità della Santissima Trinità, uno dei misteri più affascinanti ma allo stesso tempo più complessi da spiegare e comprendere.

Se sono tre persone come fanno ad essere uno?

 

È un mistero che non si può spiegare né con un vocabolario alla mano né con i problemi di matematica perché se è tre non può essere uno e se è uno non può essere tre.

Ma allora è come un rebus?

 

No, in realtà è molto più semplice di quello che si pensa anche perché nella nostra vita ci sono molte cose che seguono la stessa logica… ve ne siete mai accorti?

Per esempio, la gioia: più la condividiamo con gli altri e più aumenta, ci sentiamo invasi dalla gioia. Quando proviamo ad essere felici da soli non proviamo la stessa gioia di quando siamo felici insieme agli altri!

Anche l’amore segue lo stesso criterio: puoi darne di continuo e non resti mai senza, anzi più ne dai e più ti sento abitato dall’amore. Non può mai accadere che l’amore finisca e io resti senza!

Ecco, la logica che abita la Trinità segue lo stesso criterio: è lo sguardo dell’amore eccedente, sovrabbondante, che non si ferma a guardare sé stesso.

Lo sguardo trinitario non è uno sguardo possessivo, che vuole assimilare l’altro a sé o incasellarlo a tutti i costi dentro i propri schemi; non è uno sguardo utilitaristico che si accorge dell’altro solo quando ne ha bisogno; non è uno sguardo avvolto su di sé, escludente ed egoista. Queste tipologie di sguardi rendono l’amore sterile, non fecondo.

Lo sguardo trinitario è, invece, generativo, eccedente, fecondo, perché non può fermarsi a contemplare sé stesso o a compiacersi ma desidera trasformare l’amore in bene per gli altri; desidera generare un amore in cui ci si fida l’uno dell’altro in qualunque circostanza.

In questi giorni del tempo pasquale, e ancora domenica nel Vangelo, sentiremo parlare del Padre che invia il Figlio, poi se ne separa, ma nel Figlio resta sempre il desiderio di ritornare al Padre del quale continua a fidarsi anche nelle situazioni più difficili. Ecco cosa celebriamo nella festa della Trinità: il rapporto vitale di dipendenza tra Padre e Figlio, intriso di Spirito Santo, un rapporto sempre più profondo capace di credere all’amore che Dio ha per noi e che ci permette di entrare così in quella meravigliosa consapevolezza di essere figli amati del Padre, destinatari di un amore immeritato da parte di Dio che

Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).

In virtù di questo camminiamo sotto questo sguardo intriso di amore che è lo sguardo trinitario dove, pur rimanendo con la propria individualità, si diventa una cosa sola perché capaci di mettere da parte sé stessi e di aprirci al dono con gesti gratuiti e sovrabbondanti. 

 

Questo è l’amore che il Signore ci insegna e ci dona di celebrare insieme e che desideriamo vivere in questa ripresa del tempo ordinario!

L’augurio per ciascuno è quello di fare ogni giorno esperienza di questo Amore, per custodire la propria unicità ed essere fecondi!!!

 

 

LO SGUARDO DELL’AMICO

Carissimi giovani,

bentrovati in questo bellissimo tempo pasquale in cui il nostro cuore si prepara alla solennità della Pentecoste continuando a gridare:

“Cristo è risorto, è veramente risorto!”. 

Lo sguardo ferito, forte e fedele di Gesù nei giorni della Passione si è aperto alla luce della Risurrezione e ora continua ad accompagnare, da Maestro e Amico, i passi dei discepoli… i nostri passi. Eh sì…perché la Risurrezione non avviene con uno schiocco di dita, non è un tocco magico o una monetina da inserire nel juke-box e subito parte la musica, ma ha bisogno di tempo per inondare piano piano la nostra terra e scavare solchi profondi dove far fiorire vita piena.

I discepoli sono degli esperti in questo… sentite come si chiude il Vangelo di Marco:

 

“Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva scacciato sette demoni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.
Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.
Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.”. (…) Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.”
(Mc 16, 9-15.19-20)

 

Che fatica credere alla Risurrezione!!! Eppure Gesù continua a manifestarsi, anzi sembra che più i discepoli faticano e più Lui si mostra, continua ad essere l’Amico che cammina al loro fianco rinnovando la fiducia senza stancarsi della loro incredulità. Poteva fermarsi qui? Assolutamente no! Gesù ha un unico metro di misura: l’eccedenza. Il Suo sguardo va oltre e vede in profondità, legge nei loro cuori la forza, anche se non ancora matura, di andare in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo e mette tra le loro fragili mani proprio la missione della Chiesa.

Lo sguardo del Risorto è lo sguardo di un Amico che accoglie, veglia e accompagna con cura la vita dei discepoli, si affianca, agisce con loro, ha fiducia e pazienza, consapevole che la postura pasquale si acquisisce nel tempo imparando a vedere la realtà e la vita con uno sguardo nuovo e profondo.

 

In questi giorni durante la preghiera apri il cuore alla lode per il dono di Gesù come l’Amico per eccellenza che ci viene a cercare, ci custodisce, ci ascolta e sostiene i nostri passi, giorno dopo giorno.

Condivido l’immagine di un’icona copta del VII secolo d. C. denominata “L’icona dell’amicizia” la cui contemplazione può aiutarci nella meditazione. 

 

I dettagli da rilevare sono molteplici ma noi ci soffermeremo sullo sguardo.

Lo sguardo in avanti: Gesù non cammina davanti all’amico, ma al suo fianco. Entrambi guardano in avanti, verso il Padre che è la meta del desiderio di Gesù, il Figlio Unigenito, che vuole realizzare il desiderio di paternità di Dio, portando a Lui una moltitudine di fratelli.

I due occhi grandi: nell’antica tradizione il simbolo dei monaci è la civetta, le cui pupille si dilatano nella notte consentendole una vista fuori dal comune. Non a caso gli occhi dei due amici sono molto grandi a significare che la fede consente all’uomo un di più di discernimento. Effetto della preghiera è una capacità di contemplazione della storia, di visione spirituale del cosmo, di intuizione della presenza del Signore nelle creature.

Gli occhi strabici: ciascuno dei due ha un occhio leggermente piegato in direzione dell’amico, così che sia più facile “tenerlo d’occhio” e custodirlo nei suoi passi.

LO SGUARDO DELL’AMORE FOLLE

Carissimi giovani,

siamo giunti alla terza tappa del nostro percorso che ci sta accompagnando nella contemplazione dello sguardo di Gesù e non c’è tempo migliore della Settimana Santa, che abbiamo iniziato con la celebrazione della Domenica delle Palme, per immergerci negli occhi di un innamorato … eh sì proprio così … lo sguardo di Gesù è proprio quello dell’amore folle, di chi arriva a dare la vita per amore.

Ti sei mai chiesto perché nella Scrittura, nel libro del profeta Zaccaria, si dice:

Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto” (Zc 12,10)? Perché ci viene chiesto di guardare Gesù crocifisso? Cosa attira il nostro sguardo? Non c’è niente di bello in un uomo che muore! O forse c’è dell’altro?

Quando guardiamo la Croce non contempliamo semplicemente la morte di Gesù ma proviamo a comprendere cosa la Sua morte dice alla nostra vita, come mai quello sguardo folle d’amore ci attira così tanto.

Per farlo ci lasciamo aiutare dai chiodi della Croce, gli stessi chiodi che Tommaso chiede di toccare al momento dell’apparizione del Risorto, perché sono la prova dell’Amore che tutto si è donato, chiodi che rappresentano tre parole, tre caratteristiche dello sguardo folle dell’Amore.

 

 

Il primo chiodo è il segno di uno sguardo paralizzato. Gesù è un uomo che non può più muoversi, che vive l’esperienza forzata di essere bloccato, proprio Lui che aveva girato in lungo e in largo lungo le strade di Israele, ora si ritrova a non poter fare più nulla.

Quante volte ti sarà capitato di sentirti bloccato, senza forze, quasi paralizzato di fronte ad eventi o situazioni della vita e per non affrontare il vuoto generato dall’impotenza rendi le tue giornate indaffarate e frenetiche?

Eppure è proprio dove facciamo esperienza del nostro limite, dove sentiamo la debolezza delle nostre forze, che ci accorgiamo che questa sofferenza è il gesto estremo dell’amore. È la passione di Gesù a rendere il Suo sguardo paralizzato perché forte dell’amore folle per noi; è la passione di chi ama facendosi carico del dolore, di chi accetta la solitudine perché altri abbiano la vita. Gesù, hai uno sguardo fermo e immobile ma il tuo patire è il gesto estremo dell’amore.

 

Il secondo chiodo è il segno di uno sguardo ferito. Gesù è trafitto dal male e dal peccato del mondo, si è lasciato ferire fino all’estremo.

Hai mai provato a riflettere sul coraggio di Gesù di lasciarsi ferire, di esporsi al dolore e al male lasciando che possa entrare nel profondo di sé?

Noi spesso non ci accorgiamo di quanto male possiamo infliggere, di come possiamo ferire, anche solo con un gesto, con uno sguardo, con un silenzio. Tu, Gesù, accogli e prendi su di te tutto quello che noi non riusciamo a sopportare, ti lasci ferire, trafiggere, toccare nelle profondità della carne. Eppure il Tuo sguardo ferito ci restituisce occhi di misericordia e di grazia che si riversano su di noi, sguardi di speranza contro il male. Gesù, hai uno sguardo ferito per mostrarci che dal male è possibile generare perdono e amore anziché sofferenza e rabbia.

Il terzo chiodo è il segno di uno sguardo fedele. Gesù non è voluto scendere della croce, è rimasto fedele fino alla fine. Dio non ci lascia inchiodati al male, non ci abbandona nel nostro dolore perché la fedeltà è l’essenza di Dio. È la forza dell’amore folle che non si tira indietro.

Tu hai mai avuto paura della fedeltà, della definitività? Hai mai pensato che la fedeltà vera ci chiede un amore così?

Ecco, lo sguardo fedele di Gesù ci mostra un Dio che è capace di amare dentro la fedeltà e oltre, fino al gesto estremo di morire per amore. Lui sceglie di essere per sempre dalla parte dell’uomo, per sempre fedele alle sue promesse, per sempre abbandonato con fiducia nelle mani del Padre. E tu sei disponibile a fare spazio ad un amore così nella tua vita? Sei disposto, a tua volta, a provare ad amare nello stesso modo?

Uno sguardo paralizzato per dirti “Ti amo talmente tanto da dare la vita per te”; uno sguardo ferito per dirti “Ti amo talmente tanto che riesco a guardarti solo con occhi di misericordia”; uno sguardo fedele per dirti: “Ti amo talmente tanto che sarò sempre con te”. Gesù lascia che alla croce vengano inchiodate queste parole perché diventino sigilli per il nostro cuore. Sarà la potenza della Risurrezione a trasformare quei chiodi in fori, a farli diventare varchi da cui sgorga la gioia di un Amore talmente grande da sconfiggere la morte perché

Forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione (Ct 8,6).

La nostra vita è trasformata e redenta, i chiodi sono ora passaggi che dischiudono orizzonti di cielo e di eternità.

Contempliamo allora l’Amore di Colui che ci ama così follemente e testimoniamo al mondo che Cristo morto e risorto per amore nostro è la pienezza della nostra gioia!  

Buona Pasqua e buona Risurrezione a tutti!!!

 

 

Qui sotto trovate alcuni link per continuare a camminare insieme alla Luce del Risorto.