Quando il DONO si fa LIBERTA’

Eccoci qui, pronti a ricominciare un nuovo anno insieme. Nel tempo del Natale ci siamo lasciati interpellare dalla culla che ha accolto il Bambino di Betlemme. In questo anno, continueremo a farci accompagnare da alcuni dettagli che la liturgia ci dona: volti, oggetti, parole che talvolta passano quasi inosservati, ma che in realtà custodiscono un tesoro prezioso per le nostre vite!

 

Ecco il brano del Vangelo che ci farà da guida in questo mese:

 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore –  come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio.

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Lc 2,22-24; 36-38

 

Chissà quanta gente c’era quel giorno nel Tempio di Gerusalemme.

Se chiudiamo per un istante gli occhi, possiamo immaginare il vociare della folla, i colori sfarzosi degli abiti di donne e uomini che si muovono indaffarati in ogni direzione; i versi degli animali e le urla dei venditori appostati con i loro banchetti ricolmi di merce più o meno preziosa.

Probabilmente Gesù vedrà questa stessa scena con occhi diversi: occhi di un uomo ormai adulto, colmo d’indignazione e di rabbia per come l’uomo ha ridotto la sua relazione con Dio. Sarà questo che lo porterà a fare il gesto eclatante della “cacciata dei venditori”.

Oggi, però, è ancora presto.

Oggi lo sguardo di Gesù è quello di un neonato, portato in braccio dai suoi genitori.

Giuseppe e Maria passano inosservati in mezzo alla folla, portando con loro quel Figlio così speciale, insieme all’offerta: una coppia di tortore o due giovani colombi. E’ l’offerta dei poveri.

Il Figlio di Dio si presenta al Tempio portando con sé l’offerta più umile!

Se avessimo potuto scegliere noi la “trama” di questa Storia, certo avremmo optato per qualcosa di più grande, di più sontuoso…. Il nostro ingresso sarebbe stato a dir poco trionfale, da lasciare tutti a bocca aperta. Perché in fondo il mondo funziona così: se vuoi essere visto e ascoltato, devi fare rumore! Se davvero vuoi che qualcuno si accorga di te, non puoi essere banalmente te stesso. Devi fare qualcosa di estremo o, perlomeno, di diverso dagli altri.

Dio, invece, sceglie un’altra logica: la logica del piccolo seme, che cresce senza fare rumore; la logica di quella piccola monetina, che poco vale, ma che viene donata con una generosità infinita; la logica del tempo sprecato per andare in cerca di quell’unica pecora smarrita (anche se al sicuro a casa ce ne sono altre novantanove forse anche più ubbidienti!).

Quella coppia di tortore e quei due giovani colombi, allora, ci ricordano la logica di un Dio che non ha paura delle nostre povertà, ma che le abbraccia e le fa sue.

L’offerta portata al tempio da Maria e Giuseppe diventa perciò simbolo della verità di noi stessi, della capacità di mostrarci agli altri e a Dio per quello che siamo, senza maschere, senza sovrastrutture.

Quanto sarebbe bello e liberante metterci di fronte a Dio così!

…e la risposta di Dio non si fa attendere: tra la folla, ecco avvicinarsi lo sguardo attento e luminoso di due saggi (Simeone e Anna), che cantano la Bellezza di un Dio-vicino, di un Dio Buono e Provvidente, di un Dio capace di sognare in grande sulla nostra vita!

Lasciamoci guidare anche noi dallo sguardo sapiente di chi cammina accanto a noi ma che ha più anni di cammino: dai nostri nonni, dal parroco, dalle suore, da un educatore, … senza paura di presentarci con in mano le nostre due tortore!

 

Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica rivolta ai giovani (Christus Vivit) racconta che:

[…] un giovane delle Isole Samoa, ha detto che la Chiesa è una canoa, in cui gli anziani aiutano a mantenere la rotta interpretando la posizione delle stelle e i giovani remano con forza immaginando ciò che li attende più in là. Non lasciamoci portare fuori strada né dai giovani che pensano che gli adulti siano un passato che non conta più, che è già superato, né dagli adulti che credono di sapere sempre come dovrebbero comportarsi i giovani. Piuttosto, saliamo tutti sulla stessa canoa e insieme cerchiamo un mondo migliore, sotto l’impulso sempre nuovo dello Spirito Santo.

(ChV 201)

Per concludere, ci lasciamo con un testo di don Luigi Verdi, unito all’augurio di una buona continuazione di cammino.

 

Quando l’abitudine

Ci fa perdere la libertà,

lasciamo che le nostre unghie

graffino le pareti di cemento

in cui ci siamo rinchiusi

per trovare il cielo

e aprirci ad un libero sguardo.

 

Chi ha salde radici

Non soffre la gravità,

non si vergogna

di andare con il vento,

riesce a cantare nella notte.

 

In quei momenti

È come se una scintilla divina

Tagliasse le vene della libertà

E tutto si riempisse di luce.

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