Lo sguardo di Gesù, alfabeto dell’amore

È bastato solo un semplice sguardo
Per capire che
Che nei tuoi occhi io mi stavo perdendo
Senza capire il perché
Sensazione che io non provavo da tempo
E che ora vivo per te
Che prendi posto nei miei pensieri toccando
Tutti i miei punti più deboli, accarezzandoli
Come se fossero desideri irraggiungibili…

Partendo dalle parole di una canzone dei Modà dal titolo “Oltre un semplice sguardo” iniziamo insieme questo itinerario che quest’anno ci porterà alla scoperta dello sguardo di Gesù. Avete mai pensato o fatto esperienza della potenza che un semplice sguardo può avere sulla nostra vita o su quella di un’altra persona? A volte sono sguardi semplici, cordiali, altre volte possono essere giudicanti o severi… ma quanto è bello essere guardati in profondità, tanto da sentirci accolti e accarezzati anche in quelle zone deboli e fragili, dove non permettiamo a nessuno di entrare?!?!

Gesù compie spesso questo gesto, spinto unicamente dal desiderio di volerci guardare e incontrare nella nostra verità e nella nostra bellezza più profonda; guarda negli occhi i ricchi, i potenti, i peccatori, le prostitute, i ladri, i poveri, gli ammalati, gli invisibili, i bambini. Quante volte abbiamo provato ad immaginare i Suoi occhi chiedendoci quale fosse la loro trasparenza, la loro forza attrattiva, la loro capacità di leggerci dentro!! Lo sguardo di Gesù è l’alfabeto principale attraverso cui passa l’Amore. Come l’alfabeto non è fine a sé stesso (dal momento che le lettere vanno oltre il loro singolo valore e sono strumento con il quale formuliamo delle parole, e con le parole comunichiamo in ogni circostanza e in ogni luogo), allo stesso modo la profondità dello sguardo di Gesù è l’alfabeto dell’Amore perché non è fine a sé stesso, non si ferma ad osservarci ma ci accoglie, ci perdona, ci guarisce, ci consola, ci chiama, ci salva, ci rinnova, ci compatisce, ci benedice: è capace di andare sempre oltre.

Pensiamo alla chiamata di Matteo (Mt 9,9): Gesù vede certamente un pubblicano, come tutti, ma anche un discepolo, un potenziale apostolo, perché il Suo sguardo su di noi è capace di amare la realtà e di comprenderla secondo una profondità integra e piena: Gesù vede la verità nascosta delle cose. In Lc 19,1-10 Gesù incontra Zaccheo: Gesù lo vede arrampicato sul sicomoro, lo chiama e lo invita a scendere. Tutti vedono in Zaccheo solamente un peccatore e si scandalizzano della scelta di Gesù; Zaccheo, invece, si alza, dà metà dei suoi beni ai poveri e restituisce quattro volte la somma frodata. Ritroviamo questa profondità di sguardo nel brano della guarigione della donna curva (Lc 13, 10-17) in cui l’iniziativa è ancora una volta tutta Sua. Lui la vede, si accorge dell’oppressione nella quale era intrappolata e se ne prende cura, la chiama e la guarisce, mentre tutti contestano perché opera miracoli in giorno di sabato, fermandosi alla pura trasgressione della Legge. Ugualmente, quando Gesù vede molta folla prova compassione e si commuove perché “erano come pecore senza pastore” (Mc 6,34). Potremmo fermarci al movimento disordinato della folla o al suo essere inopportuna perché Gesù si era ritirato per riposare e pregare, eppure Lui va oltre, vede delle pecore lasciate allo sbando e se ne preoccupa.

E noi? Ci sentiamo guardati da Dio? Come pensiamo che ci veda?  Quali sono le zone d’ombra che ci portiamo dentro, dove solo il Suo sguardo può riversare fiumi di grazia? In questo itinerario lasciamoci accompagnare da queste domande e scopriremo che gli occhi di Gesù sulla realtà, su di noi, vedono, leggono e scrutano la nostra bellezza, la nostra sofferenza, la nostra verità, superano l’apparenza e guardano tutto dalla prospettiva di Dio perché il Suo sguardo è profondità, il Suo sguardo è tenerezza, il Suo sguardo è Amore.

Trascrivo uno stralcio del libro di don Luigi Verdi “Dio guarda il cuore” che credo possa aiutare la preghiera personale e la riflessione sullo sguardo di Gesù.

Dopo che ci hai partorito e rivestiti di bellezza, il settimo giorno ti sei fermato per guardarci meglio, per starci vicino, perché sapevi che il dono più grande che si può fare a chi si ama è l’intimità. Per questo da allora stai sempre in attesa di qualcuno che con te pianga, con te insieme veglia.

Il tuo luogo è senza soglie, né porte, è come un albero con le radici nell’eterno e i rami all’infinito. Abiti nella nuda dimora in cui termina il cammino e si apre lo spazio tra la veglia e il sonno, tra il silenzio e la parola, fra me e la coscienza di me.

Tieni sulle spalle il mio sacco di speranze che nel bisogno mi doni come pane e mi pongono al sicuro nelle tue braccia che riparano.

Hai amato i passi tremanti di Adamo e di Eva, il dolore di Agar che nemmeno il latte del pianto poté dare al suo Ismaele, il fuggire di Caino e il grido di Abele. Tu dietro ai loro occhi, ai loro respiri, al loro corpo, alla loro luce, donando ad ognuno una parola sussurrata, un messaggio di sguardi, una promessa.

Tu come una mamma inciampi di tenerezza per me, stai sempre al mio fianco anche se tutto mi abbandona e quando il dolore diventa un muro dove nessun fiore attecchisce, Tu su quel muro ti fai vedetta perché nessuno sia dimenticato e solo. A Te appartengono le uscite della morte e delle lacrime che nutrono di dolcezza il silenzio del dolore. A Te appartengono la misericordia e la tenerezza, la pietà abbracciata alla terra, la luce mischiata al dolore.

Sei caduto sopra il mondo come un bacio, senza chiedermi preghiere ma solo fiducia.

In Te il mio cuore smetterà di vagare, troverà un posto in cui fermarsi senza più il desiderio di partire. Con Te avrò il sapore del pane che spezzerai, il calore del fuoco che accenderai, la forza della vita che mi donerai, la dolcezza dell’amore che mi regalerai, la leggerezza dell’amicizia che mi offrirai.

 

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