FILIPPO GAGLIARDI: EDUCATORE, MARITO, PADRE A SERVIZIO DEGLI ALTRI

Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. […] Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. […] Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. […] Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù.

(Papa Francesco, GE 14)

 
Filippo Gagliardi nasce il 5 marzo 1983 a Verbania.

Fin da piccolo è un ragazzino affettuoso, allegro, brillante, spiritoso, molto apprezzato e benvoluto da tutti; gli piace studiare e stare in compagnia. Contemporaneamente alla scuola, è impegnato nello sport e in oratorio, che frequenta assiduamente anche grazie ai suoi genitori, coinvolti in diverse attività parrocchiali.

Nel maggio 2002, in quinta superiore, Filippo conosce Anna, di tre anni più giovane: partecipano alle Giornate mondiali della Gioventù, compiono con un gruppo di amici il cammino di Santiago e sono presenti nelle iniziative delle Sentinelle del mattino.

Nell’autunno 2005, la separazione dei genitori sconvolge la vita di Filippo: questo evento gli procura una grande sofferenza e una grande rabbia, tanto da mettere in discussione la sua relazione con Anna: “Anna, se non ce l’hanno fatta loro, anche noi falliremo. Che senso ha stare insieme?” Con l’aiuto della stessa Anna e di don Fabrizio, suo amico, capisce che non ha senso mettere in discussione tutto e che con le loro sole forze forse fallirebbero: “Con quello che abbiamo costruito insieme e con l’aiuto del Signore, ce la faremo”.

Nel maggio 2009, Filippo vive un’esperienza con le Sentinelle del mattino che cambia radicalmente il suo modo di vivere la fede e che lo aiuta a vivere le cose in modo più leggero. Suo papà lo ricorda così: “Dopo quell’esperienza ho notato in Filippo un cambiamento profondo. Me ne sono accorto soprattutto nei rapporti con sua mamma che, dopo la nostra separazione, sono sempre stati molto difficili. Tuttavia, dopo le Sentinelle ho visto in lui maggiore serenità e apertura. Prima era un bravo ragazzo, che faceva cose anche positive, ma lì ha fatto un salto di qualità. Non solo faceva le cose seriamente come sempre: oserei dire che mi sembrava le facesse con amore”.

La crescita nella fede spinge Filippo a mettersi in gioco molto di più anche con i ragazzi dell’oratorio, che non esitano ad aprirsi con lui senza paura di essere giudicati. Filippo ha una grande capacità di osservazione e di ascolto che, unita all’affetto, alla disponibilità e a un grande rispetto per la libertà dell’altro, lo fanno un educatore molto cercato dai ragazzi. Don Fabrizio ricorda: “Filippo era contento perché aveva realizzato una cosa: che Dio lo amava. Davanti a questa scoperta aveva deciso che lo avrebbe detto con la sua vita a tutti. Ogni occasione era buona per dire agli altri che forse nella loro vita c’era una speranza in più, una possibilità in più, una luce che avrebbe potuto far vedere le cose in modo diverso. Questo riusciva a farlo vivendo una fede semplice, frequentando i sacramenti e pregando. Per lui l’oratorio era una fonte a cui attingeva sapendo che sarebbe andato in mezzo al deserto. Ma sapeva anche che quell’acqua che aveva dissetato lui poteva dissetare anche altri”.

Il 15 settembre 2012 Filippo e Anna si sposano e subito parlano della possibilità di avere un figlio, ma Filippo non si sente ancora pronto. Una domenica pomeriggio di metà dicembre, Filippo si ferma in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Al termine, confida a don Fabrizio: “Fabri, oggi ero venuto qui per riflettere sul mio modo di vivere il matrimonio: certe cose le capisci solo davanti a Lui!”. Torna a casa e, senza dire niente, raggiunge Anna in cucina e la abbraccia: “Amore, credo di essere pronto per avere un bambino”. Dopo tre settimane, Anna è già incinta.

La loro famiglia diventa un punto di riferimento per i tanti ragazzi dell’oratorio; Filippo e Anna, infatti, decidono di continuare a portare avanti i rispettivi gruppi anche dopo il matrimonio.

Nell’estate del 2013, Filippo inizia ad accusare alcuni fastidi allo stomaco. Siccome il dolore aumenta giorno dopo giorno, il 15 agosto, insieme ad Anna, si reca al Pronto Soccorso per i primi accertamenti che rilevano del liquido sospetto nell’addome. I medici consigliano a Filippo di tornare il giorno dopo per fare altri esami. Anna ricorda così quel giorno: “Nel pomeriggio abbiamo fatto una passeggiata, ma il chiodo fisso era sempre quello. I medici ci avevano invitati alla calma, ma il pensiero che potesse trattarsi di un tumore ci spaventava. Nonostante lo vedessi teso, Filippo continuava a dirmi che io dovevo stare tranquilla, che probabilmente si trattava di un’infezione”. Il giorno dopo tornano in ospedale pieni di paure e interrogativi. La Tac, oltre al liquido, evidenzia anche la presenza di alcune masse nell’addome. La situazione precipita. Anna ricorda: “Ci guardavamo disorientati, come se fossimo stati scaraventati in un luogo lontano da tutti, dove non sapevamo cosa stesse succedendo, dove saremmo arrivati e quando”.

Filippo viene ricoverato, lo aspettano tre settimane intense. Fatica a capire quel Dio in cui ha sempre creduto, adesso che deve fare i conti con un tumore. Lui, che ha appena 30 anni e ha sempre avuto una salute di ferro, che si è sempre impegnato nell’oratorio, che, dopo tanto tempo, è finalmente riuscito a sposare Anna e che è al settimo cielo perché è in arrivo il loro primo figlio.

Anna ricorda quei primi giorni difficili di ospedale: “Abbiamo pianto tanto, ci siamo arrabbiati con il Signore e sono partite un milione di domande: perché a noi e perché adesso, nel momento più felice della nostra vita? A un certo punto però, abbiamo capito che sarebbe stato inutile spaccarci la testa con questi interrogativi”.

Una mail li aiuta ad avere una prospettiva diversa: “Chiedervi il perché di quello che vi sta succedendo il più delle volte vi farà impazzire. Non avrete una risposta ai vostri perché, almeno finché siete su questa terra. Alcune cose sono più grandi di noi. Quello che vi consiglio di fare è chiedere a Dio di accettare e accogliere nella vostra vita questo cammino che avete davanti, ovunque vi porterà, e io pregherò per voi perché riusciate a compiere questo passo”. Ancora oggi, Anna non ricorda chi sia stato il mittente di questa mail.

Filippo resta colpito, sembra una risposta alle sue inquietudini. Quelle parole “accettare e accogliere” invadono il suo cuore come un fiume in piena. Nel dolore, gli fanno intravedere una luce. Sussurra ad Anna: “Finora non abbiamo pensato a vivere così questa situazione. Proviamoci”. In quel momento capiscono che, anche se non sanno il perché, alcune cose succedono, e pertanto cercano di affidarsi. Per la prima volta, come capiterà spesso nei giorni seguenti, pregano insieme.

Il tempo passa e Filippo capisce che giorno dopo giorno peggiora, si sente sempre più debole e i medici continuano a rimandare qualsiasi azione terapeutica in attesa di capire come muoversi. Filippo scrive a don Fabrizio: “All’inizio volevo dirgliene quattro… poi ho capito che Lui “carica” la croce su chi può sopportarla (anche se ne facevo a meno)… quindi gli ho affidato tutto: me, il piccolo e Anna”. Filippo non è arrabbiato, ha tante domande, ma ha deciso di affidarsi al Signore.

Tanti sono gli amici e i parenti che non lo lasciano mai solo e che ogni giorno gli fanno visita: tutti pregano per lui e per la sua guarigione. In parrocchia vengono organizzate delle veglie di preghiera alle quali partecipano anche tante persone lontane dall’oratorio e dalla fede.

Filippo, dal suo letto d’ospedale, continua ad essere per tutti l’amico sempre attento a ciascuno. Ricorda Daniele, da sempre suo amico: “In ospedale vedevo che non cercava di distrarsi, era concentrato sull’oggi, voleva capire quello che stava succedendo e viverlo fino in fondo per arrivare preparato. Si interessava alle persone più care, cercava di rispondere ai tanti messaggi, pregava. Faceva solo le cose essenziali. Spiritualmente era pronto: era lui a darmi la forza e a invitarmi ad affidarmi al Signore. Ma nella pratica, parlare con me di quello che sarebbe potuto succedere, senza imbarazzo o esitazione, lo ha aiutato a sfruttare bene il tempo trascorso con Anna, a cercare di vedersi anche da soli, a dirsi tutto”.

Filippo e Anna a volte pregano insieme: lei chiede la guarigione del marito, mentre lui prega per quel figlio che forse non riuscirà a vedere. Anna racconta: “Grazie a un consiglio di don Fabrizio a un certo punto della malattia, Filippo e io abbiamo iniziato a parlare solo delle cose essenziali”. I loro sms diventano più rari e sobri: si scrivono solo per andare dritto al cuore, come fa Anna il 2 settembre: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me (salmo 23)”. Dopo tre giorni, Filippo completa il versetto scrivendole solo queste parole: “Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. Non vogliono sprecare parole inutili.

Nel frattempo, le analisi confermano che si tratta di un tumore, ma è necessario fare ulteriori esami per capire di che tipo sia il male. Filippo confida all’amico sacerdote: “Fabri, la porta si fa sempre più stretta e ho ancora offerto questo dolore per tutti voi”. E ad Anna ripete spesso: “Tu non devi preoccuparti per me, devi pensare solo a te e al bambino”.

Filippo non si rassegna e continua ad affidarsi, perché comprende sempre più che la cosa importante non è lo stare bene o il fare cose, bensì ancorarsi a quella roccia capace di essere approdo sicuro anche nel mare in tempesta: “Il Signore è la mia forza e io spero in Lui, il Signore è il Salvatore, in Lui confido non ho timor” ripete spesso nei suoi momenti di preghiera. Filippo fa sua anche una frase di Madeleine Delbrêl: “L’ubbidienza è fame di stare nelle mani di Dio”.

Un pomeriggio di inizio settembre Filippo chiede ad Anna di chiamare don Fabrizio, perché vuole confessarsi: “Fabri, sta iniziando l’ultimo combattimento della mia vita e voglio viverlo con cuore libero”.

Il 10 settembre Filippo si sottopone alla prima chemioterapia. Quel giorno Anna e Filippo non riescono a parlare, stanno insieme in silenzio. Prima però che lei vada via, Filippo riesce a sussurrarle una cosa importante che riguarda il bambino, perché sa che il giorno successivo lei si sottoporrà a una visita di controllo della gravidanza: “Ricordati di chiedere se c’è qualche rischio che il tumore sia trasmesso a Luca…”. Anna ricorda: “Non so se in quel momento intuisse quello che sarebbe successo, ma mi ha colpito che, in una situazione comunque difficile, Filippo riuscisse ancora a pensare agli altri”.

Durante quella notte Filippo fatica a respirare e i suoi movimenti sono resi difficili dalla pancia gonfia. Giunge così l’alba dell’11 settembre e Filippo se ne va. Due giorni dopo la sua morte, arriva la diagnosi definitiva: tumore rabdoide extrarenale, un’aggressiva e rarissima forma di tumore pediatrico, che solitamente colpisce i bambini con meno di tre anni.

Al funerale partecipano centinaia di persone. Anna, con forza sorprendente e certezza incrollabile, legge davanti a tutti queste parole: “Caro Filly, qual è il progetto di Dio su di noi? Ce lo siamo chiesti parecchie volte in queste ultime tre settimane. Sono sicura che tu oggi lo sai già, perché te lo ha appena svelato. A me toccherà scoprirlo piano piano, perché sono sicura che tu mi aiuterai a capirlo. Già, perché un progetto su di noi Dio ce l’ha ben chiaro, perché nella vita le cose non capitano per caso, fatalità, sfiga o coincidenza, le cose succedono perché c’è sempre un disegno dietro tutto da comprendere… Grazie Filly perché mi hai insegnato tante cose: grazie perché mi hai insegnato a crescere e a fare progetti, quei progetti grandi che ci hanno fatto crescere insieme e fare scelte grandi. Quei progetti che ci hanno fatto vivere l’Amore, quello vero, quello forte, quello che rispetta e che aiuta a crescere, quello con la A maiuscola; grazie perché mi hai aiutato a capire nel profondo che cos’è il dono della fede e la potenza della preghiera, che ci insegna ogni giorno a guardare lontano e in alto verso Dio. Grazie perché mi hai mostrato ogni giorno cosa vuol dire affidarsi completamente a Dio in tutte le scelte che abbiamo fatto e che con il tuo aiuto dall’alto, continueremo a fare; grazie per il dono della vita che adesso respira nella mia pancia e che tra poco, in modo un po’ diverso, ti potrà conoscere. Ma tu ora non credere di poter stare lì a guardarci e non fare nulla. Hai dei compiti grandi che devi portare avanti […]. Hai il compito di accompagnare Luca nel cammino della sua vita; io lo farò da quaggiù, ma lui avrà il papà più speciale che si possa avere che lo aiuterà dal cielo, e so bene che lo farai; infine hai il compito di prendermi per mano, come fai di solito, e aiutarmi a crescere nella fede, a crescere il nostro bambino, a non avere paura di compiere scelte grandi e magari difficili, ad avere il coraggio e la forza di fondarsi ogni giorno nella roccia, in quella vera, perché qualunque cosa ci accada, nulla ci possa distruggere; ho sempre saputo di avere accanto una persona davvero speciale, adesso so per certo che accanto a me c’è un angelo speciale che non mi abbandonerà mai perché, come mi hai sempre ripetuto fino all’ultimo: io e te, insieme per sempre!”

(testi tratti dal libro «Volevo dirgliene quattro…» Storia di Filippo Gagliardi)

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Guarda la puntata di A Sua Immagine del 25/4/2015 sulla storia di Filippo.

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