Tutto di noi dice vita!

Attraversa il tuo dolore, arrivaci fino in fondo

Anche se sarà pesante come sollevare il mondo

E ti accorgerai che il tunnel è soltanto un ponte

E ti basta solo un passo per andare oltre.” 

(Abbi cura di me – Simone Cristicchi)

 

Carissimo giovane,

come forse già hai letto, Caterina Ricci è nata l’8 luglio 1834 a Savona. Ed è proprio in questa città, in via Quarda Superiore che vogliamo sostare, lì dove Caterina è cresciuta, per scrutare un momento particolare e significativo che ha segnato profondamente la sua esistenza. 

Lasciamo che sia Madre Chiara stessa, attraverso le sue parole (che custodiamo nella sua autobiografia) a parlarcene:

Frequentai la mia scuola fino alla morte della mia povera mamma la quale avvenne il tre Dicembre 1847 lasciandomi orfana nell’età di anni 13 mesi cinque e giorni 25. 

Di questa età, come maggiore di tre sorelle che eravamo, presi il governo della famiglia

La serena quotidianità di Caterina all’improvviso si scontra quindi con la durezza e la freddezza della morte. La morte è un’esperienza che riguarda tutti, senza eccezione alcuna. Fa parte della nostra esistenza eppure non riesce mai ad apparirci naturale. Madre Chiara, negli ultimi anni della sua vita, in poche righe sintetizza con una sconvolgente precisione quel momento che, senza dubbio ha aperto in lei una profonda ferita e che, inevitabilmente, ha segnato un prima e un dopo.

Caterina sta davanti a quella realtà, non fugge da quello che sta vivendo, ma abita pienamente quella sofferenza, la accoglie. Non lascia che la morte abbia l’ultima parola e risponde a quel dolore con l’amore, facendo esperienza che la morte può diventare feconda, generativa. Questo accade perché tutti noi, tu ed io, siamo stati fatti per la vita e tutto di noi dice vita!

Negli ultimi anni della sua esistenza, Madre Chiara, ci racconta attraverso la sua esperienza che il dolore può diventare l’alfabeto attraverso cui amare. Quel passaggio doloroso della sua preadolescenza è stato l’occasione per crescere nella cura e nelle attenzioni materne verso i suoi fratelli e, più avanti, verso le sue figlie. Atteggiamenti che caratterizzeranno tutto il suo cammino e che saranno sempre un’opportunità per trasfigurare e accogliere il suo presente. 

Caro giovane, illuminato dall’esperienza di Madre Chiara, ti invitiamo a fermarti e a fissare con coraggio quei passaggi dolorosi della tua storia, nella certezza che la croce che tu vedi non è la fine, ma un punto di inizio, un nuovo inizio. E, come Madre Chiara, prova anche tu a cogliere la possibilità di fecondità insita in quella sofferenza. 

Per aiutarti, ti lasciamo qualche spunto utile per la tua riflessione personale:

Quale sofferenza ha segnato la mia storia?

Quale ferita mi porto dentro?

Che cosa è successo?

Se ti va, prova ad appuntare tutto su un quaderno. Sai, scrivere e dare un nome a quello che ci abita ci aiuta a prendere un po’ le distanze, a “buttare” fuori quello che ci consuma dentro.

Prova a pensare a come ti sei sentito. E come ti senti ora?

Ti chiediamo però di non fermarti davanti alla sofferenza, al buio, ma di andare oltre (…ce la puoi fare, ne siamo certi: sei fatto per la vita!).

Prova a chiederti: quale bontà è racchiusa in quel buio? Quale occasione per crescere nel cammino?

 

Ti lasciamo con la testimonianza di Angelica Corporandi d’Auvare, madre di quattro figlie, che ha vissuto la perdita prematura del marito a seguito di un’aggressione. Oggi Angelica sostiene la formazione e il reinserimento sociale delle persone detenute. Siamo certi che la sua esperienza, così come quella di Madre Chiara, potrà parlare anche alla tua vita!

Buon cammino!

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