Le melodie della cura

Cura, dal latino, vuol dire “preoccupazione”, “attenzione”, “sollecitudine”. Secondo alcuni la sua origine è addirittura più profonda, dalla parola “cor” che riconduce al cuore. Prendersi cura, vuol dire quindi fare tesoro delle fragilità dell’altro, ma anche delle proprie. Chiedendo ad alcuni ragazzi di scegliere una canzone che ricordasse loro il significato di questa parola, è uscita una vera e propria playlist della cura. Ti propongo, allora, di ascoltare queste melodie e di lasciarti trasportare dalle armonie e dalle parole. Accanto ad ogni canzone, si trovano le riflessioni di ragazzi che, proprio come te e me, sentono il bisogno di curare e curarsi, di cercare quella sicurezza che spesso si trova proprio tra le note di un brano.

 

LA CURA, Franco Battiato

Della canzone di Battiato mi ha colpito molto il concetto di Dio che non ci abbandona mai ma che è sempre padre, prendendosi cura di noi, anche quando pensiamo che Lui non sia attento alla nostra vita.

Spesso in realtà Dio non agisce come pensano gli uomini, bensì proprio unicamente da Dio e da padre. È per questo che ogni tanto noi non capiamo il suo agire, talvolta silenzioso, ma mai assente.

Dio non ci abbandona mai, mai perché per Lui “sei un essere speciale”. 

 Tommaso

 

ABBI CURA DI ME, Simone Cristicchi

Qua dentro c’è tutta la cura possibile. Il mondo che cura, la vita che cura, un abbraccio che cura, l’amore che cura.

La cura è dire: “Abbracciami se avrò paura di cadere, che siamo in equilibrio sulla parola insieme”

La cura è mettersi affianco invece di stare al centro.

La cura è arrendersi, fare un passo oltre, perdonare, perdonarsi, aspettare, aspettarsi.

La cura è Dio che entra nella nostra fragilità.

Carolina

 

 

GUERRIERO, Marco Mengoni

Una canzone che per me rappresenta la Cura è Guerriero, di Marco Mengoni. Questo brano infatti colpisce nel centro il senso di “cura” che mi ha da sempre affascinato: l’idea di difendere ciò che si ama a tutti i costi per far sì che continui a crescere e a fiorire. Quando decidiamo di prenderci cura di qualcosa o, nel caso di questa canzone, di qualcuno, è perché abbiamo visto che è speciale, che ha una via di accesso privilegiata per il nostro cuore, tanto da poter risvegliare in noi sentimenti profondi, magari dormienti da un po’. E la prima cosa che ci turba è che questo qualcuno possa essere messo in pericolo dal mondo, vogliamo salvarlo dal pantano della noia e dalle burrasche della violenza, cancellare le sue  sofferenze o sopportarle con lui. Tutto ciò per ricambiare in minima parte il solo fatto di aver trovato questa persona, per il suo esserci. Vogliamo preservare l’unicità e la bellezza , la fragilità della persona che amiamo anche a costo della nostra vita, e  questo richiede mettere a disposizione il tempo, la propria forza fisica e mentale.

Ma sono tutti sacrifici che facciamo volentieri, sorridendo: quando qualcuno da senso alla nostra vita, potremmo sopportare le fatiche di Ercole pur di assicurarci che stia bene.

Matilde

 

 

TWO, Sleeping at Last

La canzone “Two” di Sleeping at Last comunica per me l’idea di “cura”, che emerge dalla delicatezza delle parole che si leggono nel testo. La voce parla ad un “tu” che sembra avere il bisogno di essere ascoltato, capito.

When did you last eat?

È una delle prime frasi che vengono rivolte a questo “tu”. Di certo non è una domanda di circostanza, come potrebbe risultare un “Come stai?”. “Hai mangiato?” È proprio ciò che chiede un genitore, un fratello maggiore, una persona che ha maturato un senso di protezione nei nostri confronti.

La voce immagina che la persona a cui sta parlando porti su di sé un peso, che stia soffrendo, e si rende disponibile ad ascoltarla, ma anche a stare in silenzio insieme a lei; le dice che va bene non saper trovare le parole, che “puoi restare fin quando ne avrai bisogno”. Aspettare una persona, aspettare che sia pronta a parlare, o starle vicino se non ci riesce: chi fa questo si dona all’altro, dona il suo tempo, offre il suo spazio, anche il suo “ossigeno”, come viene spiegato nella canzone (“It’s okay if you can’t catch your breath, you can take the oxygen right from my own chest”).

Questa canzone dimostra come l’idea di cura sia legata, o meglio affondi le proprie radici, in un amore disinteressato, che si nutre di ciò che dà. E ciò che da può essere “a mighty ocean”, un “oceano potente”, oppure “a gentle kiss”, “un bacio delicato”.

Chi ci sta vicino, infatti, si attiva per aiutarci, per farci da medicina, pensa egli stesso a come potrebbe risollevarci da terra.

Infine, quando tentiamo di proteggere, di curare le ferite di qualcuno, alle volte curiamo anche la parte di noi che troviamo in quel qualcuno. La canzone dice infatti che vuole amare il “tu” per imparare a sua volta cosa significhi essere amato. Prendersi cura di una persona può essere come dare dell’acqua ad un fiore: ci ringrazierà con la sua bellezza, mostrandoci ciò che è diventato grazie a quello che gli abbiamo donato.

Per questo, come scrive il cantante, il sentimento d’ amore può essere sentito veramente come un privilegio, come un “vero onore”.

Chiara

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