CARLA RONCI: UNA GIOVANE LAICA CONSACRATA A SERVIZIO DELLA CHIESA

Ci sono momenti duri, tempi di croce, ma niente può distruggere la gioia soprannaturale, che «si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto».[100] È una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo i criteri mondani. Ordinariamente la gioia cristiana è accompagnata dal senso dell’umorismo […]. Il malumore non è un segno di santità: «Caccia la malinconia dal tuo cuore» (Qo 11,10). È così tanto quello che riceviamo dal Signore «perché possiamo goderne» (1 Tm 6,17), che a volte la tristezza è legata all’ingratitudine, con lo stare talmente chiusi in sé stessi da diventare incapaci di riconoscere i doni di Dio.[101] Il suo amore paterno ci invita: «Figlio, […] trattati bene […]. Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14). Ci vuole positivi, grati e non troppo complicati: «Nel giorno lieto sta’ allegro […]. Dio ha creato gli esseri umani retti, ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni» (Qo 7,14.29). In ogni situazione, occorre mantenere uno spirito flessibile, e fare come san Paolo: «Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione» (Fil 4,11). È quello che viveva san Francesco d’Assisi, capace di commuoversi di gratitudine davanti a un pezzo di pane duro, o di lodare felice Dio solo per la brezza che accarezzava il suo volto.

(Papa Francesco, GE 125-127)

 
Carla Ronci nasce l’11 aprile 1936 a Torre Pedrera, vicino Rimini.

È una bella bambina, buona e affettuosa, vivace e comunicativa. All’età di 6 anni, ancora prima di iniziare la scuola, riceve i sacramenti della Confessione, Comunione e Cresima.

Crescendo, Carla è una ragazza tra le tante: ama divertirsi e andare al cinema e al mare con le amiche, le piace ballare e leggere storie d’amore. È bella e dall’aspetto sempre molto curato. Lei stessa disegna e cuce i suoi abiti: “Vesto con modestia ed eleganza e cerco di far capire, con la mia vita, che il Cristianesimo vissuto, non è croce, ma gioia”.

All’età di 14 anni, un incontro improvviso con le suore Orsoline le cambia radicalmente la vita. Lei stessa racconta: “Era l’anno 1950: vedevo tutte le mattine le suore Orsoline recarsi alla messa con tanto freddo d’inverno e alle volte con tanta neve. Tante volte mi ero affacciata all’asilo e anche là le avevo trovate tanto raccolte e così pie. Sempre serene. Tanto povere. Incominciai a riflettere: ma perché fanno quello che fanno? E per chi, se i bambini sono degli altri e le retribuiscono così poco? E perché sono così felici e tanto serene nella loro povertà e nelle loro privazioni? […] La mia anima aveva bisogno d’altro; aveva sete, sete dell’amore di Dio. Così ho incominciato a frequentare la chiesa e i sacramenti più spesso, trovando in essi tanta pace e tanta gioia. […] Fino a quattordici anni ho corso affannosamente dietro a tutto ciò che credevo potesse colmare il vuoto e l’ansia che avevo dentro di me: cercavo di stordirmi con un divertimento dietro l’altro, ma invano… Ho resistito alla grazia divina fino agli ultimi giorni del 1949″.

Da questo momento Carla decide di offrirsi vittima di espiazione e di propiziazione per la santificazione dei sacerdoti. Scriverà qualche anno dopo: “Signore ho solo questo mio cuore che è pieno di te che sei l’infinito. Questo ti offro per i tuoi sacerdoti. Eccoti tutta la mia vita. Se vuoi una vittima di riparazione per le loro cadute, per le loro infedeltà, per quello che non fanno e dovrebbero fare, per quello che fanno e non dovrebbero fare, Signore, per essi mi offro vittima, disposta a tutto, tutto, ma che non ci manchi il tuo sacramento, perché il sacerdote è un sacramento di te, Signore, che sia puro e illibato come tu lo hai voluto”.

Il 20 ottobre 1956, all’età di 20 anni, Carla fa voto di castità. Da questa consacrazione a Dio la sua femminilità esce trasfigurata. Scrive nel suo diario: “La femminilità è una proprietà che conquista e attira; la femminilità dell’anima consacrata a Dio deve essere così dolce e soave da attirare tutti a sé per condurre poi al Signore… Sono contenta di essere donna, perché il Signore ha dato alla donna il dono dell’intelligenza intuitiva ed è tanto bello intuire i bisogni degli altri, essere materne comprensive…”. Il suo modello è Maria Santissima: “La femminilità deve essere come quella della Madonna: pura e casta”.

L’anno seguente, il 19 agosto 1957, fa voto di povertà: tutto ciò che possiede ora non è più suo, ma dei poveri; di tutto lei è solo una semplice amministratrice generosa. In tutti, Carla, vede il volto di Cristo da amare e da servire.

Carla vive una singolare, autentica e mistica esperienza di fede, tanto da diventare una cosa sola con Cristo: “Ho tanta pace nel cuore e il solo pensiero che possiedo Gesù mi fa provare una gioia tale che a parole non si può spiegare. Sono felice di essere nelle mani di Dio e di essere da lui tanto amata”.

A 21 anni scrive: “Da quando sono nata, mi sono messa in viaggio per arrivare al Cielo”. Carla matura la scelta di farsi suora e nel febbraio 1958 entra nel convento delle Orsoline di Gaudino, vicino Bergamo, nonostante il parere contrario dei genitori, delle amiche e del parroco. Dopo appena quattro mesi, a causa delle frequenti visite e lettere minatorie del padre, Carla è costretta a tornare a casa.

Ritornata in famiglia, grata dell’esperienza appena vissuta, Carla si prodiga per l’edificazione della sua parrocchia: dal catechismo all’Azione Cattolica, dall’animazione della liturgia alla cura della chiesa, dalla gestione finanziaria della parrocchia al funzionamento della biblioteca parrocchiale e di una piccola sala cinematografica per i bambini; tutto compie con passione ed entusiasmo. Apre anche il “Cenacolo dei piccoli”, una specie di pre-seminario allo scopo di suscitare vocazioni sacerdotali, missionarie e religiose.

Carla possiede una particolare dedizione per l’educazione e la formazione dei più giovani a cui dedica tempo e ascolto, diventando presto la madre spirituale di molte ragazze: “Com’è bello, Gesù, vivere in mezzo alle adolescenti. È difficile capirle e bisogna essere pazienti e seguirle, però è bello, tanto bello!”.

Nel frattempo, Carla continua la gioiosa ricerca della sua vocazione; ripete spesso: “Voglio fiorire dove Dio mi ha seminata”. E un giorno annota sul proprio quaderno degli appunti: “Solo i santi lasciano tracce, gli altri fanno solo rumore”.

Nel 1961, all’età di 24 anni, entra nell’istituto secolare “Ancelle Mater Misericordiae” di Macerata e due anni dopo, il 6 gennaio 1963, fa la professione come laica consacrata.

Scrive Carla: “Oggi il Signore ha bisogno di testimoni che lo facciano sentire, più che con le prediche, con la propria vita e il proprio esempio. Oggi occorre che l’apostolato diventi una testimonianza personale di dottrina vissuta. È solo per lui che mi impegno affinché la mia vita sia una testimonianza viva, ovunque io mi trovi e qualunque cosa io compia”.

Nel suo cammino di giovane laica consacrata, Carla nutre un amore immenso per i sacramenti della Confessione e dell’Eucarestia: “Il pensiero che maggiormente mi ha toccato è questo: Dio è in me: io sono un tabernacolo vivente”.

Nell’agosto 1969 compaiono i primi sintomi della malattia, a cui fanno seguito alcune visite specialistiche che rilevano la presenza di un tumore ai polmoni: “Il buon Dio mi sta provando con una infermità che credo decisiva per la mia missione. Ho dinanzi il mio crocifisso e, guardando lui, tutto mi diventa facile. Sono pronta ad ogni disposizione. So bene che la sofferenza non mi viene da lui, ma la gioia sì, e di questa ne ho tanta, che il resto non conta. […] Ho la sensazione che Gesù si stia distaccando dalla croce per lasciarmi il suo posto. Credo proprio che mi voglia crocifissa, perché lui sa che per me il soffrire con lui è una gioia”.

In ospedale, Carla vive momenti intensi di dolore e di aridità spirituale, seguiti sempre da momenti di conforto. Scrive al suo padre spirituale: “Il cuore a brandelli e il sorriso sulle labbra: ecco la nostra missione di questi giorni. Coraggio, padre, ormai il più è passato; Gesù non può chiederci di più perché non abbiamo più nulla da dare… Il mio motto è sempre lo stesso: per Gesù e per le anime: e quale forza mi viene da questa intenzione e da questa unione! Nonostante la paura sia tanta sento un gran desiderio di dare, di offrire, di amare e sento che nonostante tutto la vita è meravigliosa”.

Fino all’ultimo, Carla, nonostante sia molto provata dalla malattia, è sempre gioiosa e pronta ad ascoltare chiunque la va a trovare.

Il 2 aprile 1970, a 33 anni, dopo aver ricevuto l’Estrema Unzione, Carla muore, serena e lucida, pronunciando queste parole: “Ecco lo Sposo che viene”, chinando il capo sulle mani giunte in preghiera. Il medico e l’infermiera, in pianto, esclamano: “È morta una santa”.

Nel 1997 Carla è stata proclamata venerabile.

(testi tratti dal libro Testimoni di luce e dal sito https://www.chiesa.rimini.it/carlaronci/index.html)

____________________________

[100] Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 6: AAS 105 (2013), 1221.
[101] Raccomando di recitare la preghiera attribuita a san Tommaso Moro: «Dammi, Signore, una buona digestione, e anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo, con il buon umore necessario per mantenerla. Dammi, Signore, un’anima santa che sappia far tesoro di ciò che è buono e puro, e non si spaventi davanti al peccato, ma piuttosto trovi il modo di rimettere le cose a posto. Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa tanto ingombrante che si chiama “io”. Dammi, Signore, il senso dell’umorismo. Fammi la grazia di capire gli scherzi, perché abbia nella vita un po’ di gioia e possa comunicarla agli altri. Così sia».

Bookmark the permalink.

Comments are closed.