ALBERTO MICHELOTTI E CARLO GRISOLIA: AMICI PER L’ETERNITÀ

L’umiltà può radicarsi nel cuore solamente attraverso le umiliazioni. Senza di esse non c’è umiltà né santità. Se tu non sei capace di sopportare e offrire alcune umiliazioni non sei umile e non sei sulla via della santità. La santità che Dio dona alla sua Chiesa viene mediante l’umiliazione del suo Figlio: questa è la via. L’umiliazione ti porta ad assomigliare a Gesù, è parte ineludibile dell’imitazione di Cristo: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2,21). Egli a sua volta manifesta l’umiltà del Padre, che si umilia per camminare con il suo popolo, che sopporta le sue infedeltà e mormorazioni (cfr Es 34,6-9; Sap 11,23-12,2; Lc 6,36). Per questa ragione gli Apostoli, dopo l’umiliazione, erano «lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù» (At 5,41).

(Papa Francesco, GE 118)

 
Alberto Michelotti nasce il 14 agosto 1958, Carlo Grisolia nasce il 29 dicembre 1960.

Fin da piccolo, Alberto impara a coltivare i valori della lealtà e della generosa dedizione di sé, dimostrando un forte senso religioso. Durante il periodo dell’adolescenza, frequenta l’Azione Cattolica Ragazzi e insegna catechismo.

Sua madre ricorda: “Alberto era una persona normalissima, eppure era speciale. Io e [mio marito] eravamo una coppia affiatata, unita, dei semplici cattolici: gli avevamo dato un’educazione cristiana di base. […] già da piccolo manifestava una sensibilità fuori dal comune per le cose di Dio. […] pregava molto […]. Spesso lo rimproveravo bonariamente, perché forse stava esagerando; ma lui mi rispondeva, col suo sorriso disarmante, che la vita deve essere orientata a Dio, perché appartiene a lui, che ce la può riprendere come e quando vuole. L’importante è essere pronti. […] Si occupava, coi fatti, degli altri […]”.

Nel 1977 la vita di Alberto prende una svolta: grazie al suo parroco conosce il Movimento dei Focolari. Così Alberto scrive del suo incontro con Dio Amore: “Lentamente la mia vita sta cambiando: c’è “Qualcuno” che entra sempre più nella mia giornata, è Gesù. Certi giorni corro per tutta la città, in qualche chiesa c’è l’ultima messa della giornata: lì posso incontrarmi con “Lui” nell’Eucaristia; per riuscirci esco prima dall’università, salto da un bus all’altro; ad un tratto penso: “Alberto, un mese fa queste cose non le avresti fatte per nessuno, nemmeno per la tua fidanzata”.

Per le sue doti umane, diventa un “leader” per gli altri giovani: Alberto sa trasmettere a tutti gioia ed entusiasmo nella fede con la sua forte personalità ed i suoi esempi. Mette sempre al primo posto Dio, mettendosi sempre all’ultimo posto per servire. Forte della sua fede, non teme di andare contro corrente, vivendo ed insegnando valori giudicati da taluni obsoleti, come la purezza, da lui ritenuta invece strumento per raggiungere la vera libertà.

Carlo vive, sin da bambino, la spiritualità del Movimento dei Focolari. Con paziente autodisciplina, lavora su se stesso e sul suo carattere, cercando di superare imperfezioni, timidezze, chiusure e tutto quanto può sembrare appartenere ad una dimensione infantile o adolescenziale della vita.

Sua madre ricorda: “[Carlo] amava giocare e indugiare nei suoi divertimenti, anche se sin da piccolo di tanto in tanto manifestava come un desiderio di ritirarsi in sé […]. Era anche un gran sognatore […]. Quindi era tutt’altro che un ragazzo scapestrato. […] Carlo non ha mai “rimosso” il problema della morte. Era rimasto molto colpito dalla scomparsa della sua maestra, a cui era legatissimo, e continuava a dire: “Però è proprio vero, mamma, che la morte viene come un ladro, e che noi non conosciamo né il giorno né l’ora”. In tutto quello che scriveva era sempre presente il pensiero dell’esistenza come di qualcosa che passa, vanità delle vanità. Eppure non gli rimaneva in cuore una visione pessimistica della vita, perché c’era Dio, l’unico motivo per cui secondo lui valeva la pena vivere, in cui ritrovava tutto, anche il timore della morte”.

Alberto, studente in ingegneria, amante della montagna, razionale, intelligente, sportivo, estroverso, dal carattere deciso e forte, e Carlo, studente in agraria, amante della lettura e della musica, poetico, sensibile, introverso, dal carattere riservato e riflessivo, si incontrano nei Gen, la diramazione giovanile del Movimento dei Focolari: pur avendo personalità e indoli diverse, tra i due nasce e matura una splendida amicizia spirituale, fondata sull’insegnamento ricevuto dalla fondatrice del movimento, Chiara Lubich, che raccomanda di “farsi santi insieme”.

Un desiderio li accomuna: mettere Dio al centro della propria vita, vivere il Vangelo alla lettera e portare a tutti il dono dell’ideale evangelico del mondo unito, della fraternità universale. Insieme partecipano ad iniziative di preghiera e di carità nei confronti dei soggetti più poveri, coinvolgendo molti altri giovani.

Alberto, assetato di Dio, e Carlo, assetato di giustizia e di verità, decidono di vivere il momento presente radicalmente, come fosse l’ultimo, sostenendosi reciprocamente nel comune cammino verso la santità, certi della presenza di Gesù in mezzo a loro.

Un’amica ricorda “quanto [Alberto] facesse sul serio nel cercare di vivere il Vangelo e quanto sentisse l’urgenza di annunciarlo, prima di tutto con la vita, a quanti incontrava, soprattutto ai giovani”. Un altro amico ricorda che Alberto “era un vero costruttore dell’unità, e sacrificava sempre del suo. Non privilegiava nessuno, e dormiva lo stretto necessario per darsi a tutti. Non si risparmiava”.

Alberto e Carlo vogliono arrivare in Cielo insieme, lottando insieme per essere fedeli a Dio e non cedere alla tentazione, sempre pronti per l’esame finale sull’amore e ad aiutare altri a fare lo stesso.

Giunge l’estate del 1980. Il 18 agosto Alberto decide, con un amico, di scalare il massiccio dell’Argentera sulle Alpi Marittime. Pochi metri prima della cima, perde l’appoggio sui ramponi, precipita nel canalone ghiacciato e muore. Ha 22 anni.

Il giorno dopo, a Carlo, rientrato d’urgenza dal servizio militare in Marina, viene diagnosticato un tumore tra i più maligni. Segue l’immediato ricovero in ospedale. Agli amici che gli scrivono, lui risponde in un biglietto: “Carissimi GEN, di colpo Gesù mi dà la possibilità di unirmi a voi in modo più stretto. È sempre un bel gioco quello di vivere l’Attimo Presente, perché mi accorgo sempre di più che è l’unica realtà che si può vivere in un ospedale, come dovunque, al di là della bella esperienza di ieri in cui mi crogiolerei, del vuoto di questa mattina in cui mi perderei, e la paura di domani in cui mi lascerei andare. Vi saluto… Teniamo Gesù in mezzo!”.

Durante il tempo della malattia, si manifesta la grandezza spirituale di Carlo: pur afflitto da forti dolori e consapevole della gravità del suo male, è di straordinaria edificazione nei confronti di tutti quanti lo vanno a trovare, siano essi famigliari o amici o medici o infermieri. Tutti avvertono in quella stanza d’ospedale la presenza di Dio e un senso di forte sacralità.

Carlo si conforma al modello di Gesù abbandonato, tanto da giungere ad una forma di matrimonio mistico tra l’anima e Gesù: prega incessantemente il Rosario e si nutre quotidianamente dell’Eucaristia.

Carlo afferma spesso che Alberto è lì con lui a sostenerlo, come sempre.

Il gruppo dei GEN di Carlo e Alberto pregano: così come avevano affidato a Dio la vita di Alberto, fanno lo stesso per Carlo.

In breve le condizioni di Carlo peggiorano. Più si avvicina il momento della dipartita, più cresce il suo anelito di unirsi definitivamente a Gesù: “E’ bellissimo andare incontro a Gesù, voglio essere tutto di Dio”.

Quando sente avvicinarsi la fine, si rivolge a sua madre dicendo: “Mamma, è giunto il momento del tuffo in Dio” e ad amico confida: “Sono alla fine. Dobbiamo essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro […] Offro la mia vita per tutti voi, ma soprattutto per l’umanità che soffre, per i ragazzi del mio quartiere, per tutti quelli che ho conosciuto”.

Dopo 40 giorni dalla morte di Alberto, il 29 settembre, all’età di 19 anni, Carlo raggiunge l’amico in Paradiso.

Per la prima volta, nella storia della Chiesa, l’8 ottobre 2021 si è conclusa la causa congiunta per la beatificazione di questi due amici. Oggi Alberto e Carlo sono Servi di Dio.

(testi tratti dal libro Il tuffo in Dio. I 40 giorni di Carlo e Alberto)

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Guarda questo video sulla storia di Alberto e Carlo.

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