ANDREA MANDELLI: LA MALATTIA COME STRADA VERSO LA SANTITÀ

Questa santità a cui il Signore ti chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti. […] A volte la vita presenta sfide più grandi e attraverso queste il Signore ci invita a nuove conversioni che permettono alla sua grazia di manifestarsi meglio nella nostra esistenza «allo scopo di farci partecipi della sua santità» (Eb 12,10). Altre volte si tratta soltanto di trovare un modo più perfetto di vivere quello che già facciamo […].

(Papa Francesco, GE 16-17)

 
Andrea Mandelli nasce a Lucca il 3 febbraio 1971.

Quarto di sette fratelli, vive con la famiglia a Brugherio dove partecipa alla vita della parrocchia e del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, senza costrizione ma per un suo naturale interesse.

Andrea è un ragazzo tranquillo, positivo, sempre disponibile, con una grande passione per la vita che si manifesta nel suo interessarsi a tutto e nel suo giocarsi fino in fondo. Ama molto la montagna, dove si reca spesso con i fratelli e il padre o con il gruppo della parrocchia per passarvi le vacanze invernali ed estive.

Andrea riesce bene in tutto, tranne che nello studio. A scuola, infatti, fatica ad avere risultati brillanti, un po’ per pigrizia, un po’ perché ritiene che studiare sia un’attività non conforme ai suoi desideri. Nonostante ciò, è molto stimato dai suoi compagni e anche dai suoi professori. Si fa promotore, insieme ad altri studenti, del carisma di Comunione e Liberazione all’interno dell’ambiente scolastico: è sempre il primo quando si tratta di organizzare incontri e/o momenti di preghiera per i giovani studenti di CL.

Durante la sua giovinezza, Andrea instaura molte amicizie. Una sua amica ricorda: “Era bello stare con lui, era sempre una gioia perché per lui tutto era un dono e mai una fatica. […] Ci divertivamo tanto perché era tutto importante. Era tutto giudicato da quel suo grande desiderio di Mistero e di rapporto con l’Infinito”.

In terza liceo, Andrea si traferisce all’Istituto Sacro Cuore di Milano. È un cambio radicale: aiutato dal rettore e dai suoi professori, in lui rifiorisce il gusto per lo studio, che diventa così una parte importante della sua vita. Nello stesso tempo, si fa strada la malattia che insorge con un dolore al calcagno e che, in breve tempo, si mostra come un tumore osseo molto grave.

Andrea viene ricoverato. All’amica Marina che va a trovarlo dice: “Marina, abbiamo poco tempo, non sprechiamo il tempo che abbiamo!”.

Andrea continua a vivere tutto con la stessa intensità di prima. Il suo modo di vivere la malattia colpisce tanti: familiari, compagni, amici, professori, conoscenti. Racconta la madre: “Quando ha cominciato a non star bene, ad aver male al piede, e si è man mano chiarita la malattia, c’è stato un movimento di cuori che ha dell’incredibile. Lui ha incontrato la presenza di Dio in volti di persone che gli volevano bene. Erano gli adulti che lo seguivano a scuola, i suoi compagni, i suoi vecchi amici, i medici che si sono prodigati in mille modi per aiutarlo, i fratelli e noi, con cui è nato un rapporto nuovo e più vero: Andrea ha proprio incontrato il Signore. Si sentiva dentro a quell’amicizia grande che lo sosteneva”. Anche la sorella di Andrea, Marta, ricorda: “Paradossalmente il periodo della sua malattia è stato di una intensità pazzesca e di grazia. Tra di noi in famiglia tutto ruotava intorno a questo fatto, ma il babbo e la mamma non ci hanno mai trasmesso di vivere questo come una cappa che fosse venuta a soffocare la nostra vita. Era una circostanza data che ha portato una fioritura di rapporti, di amicizia, di occasioni, di bellezza, di profondità”.

Con coraggio Andrea decide di seguire il Signore per questa strada, affrontando con serenità ciò che quotidianamente Dio gli chiede. Sua madre ricorda ancora: “Andrea diceva che l’unica cosa che vale è il momento, è lì che vivi la grandezza del tuo cuore. Ciò che il Signore ti dà da vivere, che è bene per te, è nel presente, non nel progetto futuro. Non è fare cose straordinarie, ma fare ogni piccola cosa dicendo quell’“accada di me” che diceva la Madonna. Ai suoi amici voleva dire che se a lui era chiesto quel cammino, a loro sarebbe stato chiesto altro, ad esempio studiare. Andrea accettava il suo, senza fare niente di straordinario, perché fosse chiaro che sia che mangiate sia che beviate sia che siate in un letto la vostra vita è per Cristo, è perché cresca la presenza del Signore, perché sia chiara la ragione tra noi. Questa ragione è proprio ciò che ci lega e muove: nostro Signore. Anche il modo diverso di guardare i suoi amici come le persone che aveva intorno in ospedale è maturato in Andrea in ultimo, quando il suo “sì” detto al Signore è stato più consapevole. Allora poteva godere delle piccole cose, come il mangiare la pizza insieme a qualche altro ragazzo in reparto o giocare con i bambini. Piccolissime cose che avevano dentro l’infinito”.

Andrea non ha paura, è felice di fare la volontà del Padre. Così dice all’amica Paola: “Paola, è così semplice fare la Sua volontà, basta seguirlo”. Riconosce sempre più la presenza del Signore nella sua vita: “Il cambiamento non è diventar buoni ma è la Sua Presenza. Beato, non più infelice, perché puoi dire tu a Cristo. Chiedo al Signore di prendermi finché ho questa certezza. […] La preghiera è riconoscere una Presenza. La memoria è ciò che mi permette di vivere una Presenza”.

Durante un incontro con i cresimandi della parrocchia, Andrea porta la sua testimonianza: “Ho tanti progetti ma mi rendo conto che il Signore ne ha altri su di me; l’importante è dargli credito. Il Signore, presente dentro la compagnia dei miei amici, mi sta cambiando la vita. Lo Spirito Santo non è l’accadere di un “miracolo” ma per me è stato restare legato ad una compagnia con dei volti precisi. Questo dà significato nuovo al dolore, alla fatica, alla malattia… Vi prego, date credito al fatto che Cristo cambia la vita! Chi resta dentro, anche se ha capito pochissimo, impara e cresce moltissimo. Io sono molto aiutato dagli amici che ho incontrato, soprattutto a partire dalla Cresima: magari è un’amicizia con gente semplice, magari antipatica, ma che mi aiuta ogni giorno a fare memoria del Fatto incontrato”.

È durante il tempo della malattia che Andrea esprime con chiarezza il suo grande desiderio: “Voglio diventare santo”. In lui esplode la vita: con entusiasmo e voglia di fare, non si tira indietro da nulla. Ricorda una sua amica: “Andrea non tagliava mai via niente della vita: era tutto molto chiaro ed esplicito. La malattia non era un impedimento, ma un’occasione per andare più in fondo nell’esperienza cristiana. Ripeteva costantemente questo suo grande desiderio di diventare santo. Mi è rimasta nel cuore la consapevolezza con cui lo esprimeva ed è riemersa in me come domanda tante volte. È come se Andrea volesse “prendere tutto”. Un giorno, uscendo da scuola, mi aveva raccontato che lui prima di ammalarsi aveva chiesto al Signore di fargli vivere tutte le cose con radicalità ed essere felice. Poi è arrivata la malattia, che considerava una risposta al suo grande desiderio che aveva posto nelle mani del Signore”.

Andrea capisce che la malattia è il luogo in cui poter amare Cristo. Ai suoi professori dice: “Voi mi volete bene, ma avete un po’ pietà di me, come si ha per uno che è malato. Invece io attraverso la mia malattia ho incontrato Gesù. Quindi sono la persona più felice che c’è. Io sono la persona più felice del mondo”. Attraverso la malattia, Andrea approfondisce il suo desiderio di una vita totale per Cristo. All’amica Marina dice: “Mari, la vita può essere lunga o breve, ma tutta la vita vale per l’istante in cui abbiamo incontrato Cristo”. E all’amica Silvia dice: “Vedi, Silvia, io da questa malattia ho imparato l’obbedienza a Gesù, perché non posso decidere quello che faccio nel giro di un’ora. Perché se mi viene la febbre non posso fare quello che avevo deciso. E così ho imparato ad obbedire a Gesù in ogni momento”.

Durante le terapie, seppur debilitato, Andrea non rinuncia alla sua vita attiva di sempre: con i suoi amici e compagni di Gioventù Studentesca si rende disponibile per diverse opere di volontariato. Ricorda un suo amico: “Rispetto alla fatica c’era una gioia in Andrea che derivava dalla consapevolezza chiara che ogni istante può essere un incontro con Cristo”. Per Andrea vivere l’istante è vivere pienamente, senza lasciarsi sfuggire nulla: “La differenza sta non in ciò che fai, ma in “come sei” in ciò che fai”.

Ai suoi amici, Andrea trasmette l’entusiasmo della vita e spesso ripete: “Ciò che accade nella vita è la cosa giusta per ciascuno, per poter crescere. E non c’è da chiedere altro”.

La malattia avanza. Nel settembre 1990, prima dell’inizio della scuola, Andrea scrive una lettera ai suoi compagni: “Carissimi, a cosa serve la vita se non per essere data? Io adesso sono a completa disposizione. Non devo più decidere. Chiedere al Signore la forza di sopportare ancora un po’ di fatica, questo sì e lo chiedo e devo chiedere tutti gli istanti. Ma a questo punto è tutto nelle Sue mani. Forse per i dolori che oramai si fanno insistenti, mi sembra che si sia arrivati ad un momento decisivo, se non alla fine. Anch’io voglio essere pronto in ogni istante. […] Voglio concludere ogni cosa per poter non far altro che aspettare”.

Il mese seguente, il 6 ottobre, consapevole del poco tempo che gli rimane, Andrea scrive quest’altra lettera: “Quel che conta accade. L’unica cosa che conta è il momento. È in forza di una unità che si può stare da soli. Sembra che io stia facendo qualcosa di straordinario, di eccezionale o di eroico. Invece non è vero. Perché se Dio mi dona qualcosa che ci risveglia è perché sia chiara la ragione fra noi. Se Dio ci dà questo è perché la nostra vita sia totale. Bisogna dire un SI a Cristo che sia totale. La pienezza della vita sta nella verginità e nella morte. Ne sono gli atti supremi”.

Negli ultimi giorni di vita Andrea ripete spesso: “Il senso della vita è uno solo: è Cristo. E Cristo vince”.

Andrea muore la notte del 29 novembre 1990, vigilia della festa di sant’Andrea, pronunciando queste parole: “OK, va bene, andiamo!”.

Appena Andrea muore, la madre invita i presenti a recitare l’Angelus. È lei che consola gli amici di Andrea: “Non dovete piangere, perché in questo momento lui sta abbracciando Cristo, abbiamo consegnato Andrea tutti insieme tra le braccia di Cristo”.

(testi tratti dal libro Ti regalo la mia molla. La vita di Andrea Mandelli)

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Guarda la puntata di Bel tempo si spera sulla storia di Andrea.

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