MARTA BELLAVISTA: UNA VITA ALLA RICERCA DELLA VERA FELICITÀ

Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinchè sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita (cfr Gal 5,22-23). […] Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l’ha colmata di doni con la Parola, i Sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi, e una multiforme bellezza che procede dall’amore del Signore, «come una sposa si adorna di gioielli» (Is 61,10).

(Papa Francesco, GE 15)

 
Marta Bellavista nasce a Cesena il 19 ottobre 1983.

Insieme ai genitori e ai fratelli cresce a Rimini, dove vive la sua infanzia e la sua gioventù sollecitata da un ambiente vivace e solido, intessuto dall’esperienza cristiana, vissuta all’interno della comunità locale di Comunione e Liberazione.

Dopo gli studi classici, si iscrive a Lettere moderne all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È qui, nell’ambiente universitario, che fiorisce pienamente quanto seminato dalla famiglia e vissuto a Rimini con gli amici di Gioventù Studentesca (gli studenti superiori di CL). In università stringe rapporti forti e significativi con alcuni amici e adulti, che diventano per lei un riferimento sicuro per giungere alla conoscenza del volto di Cristo.

Marta ha un carattere intraprendente e schietto che le permette di vivere intensamente ogni cosa; in lei arde un profondo desiderio che investe tutto, dalla sua passione per la danza, allo studio, agli amici. Desiderio che si racchiude in un’unica insistente domanda: quella di essere felice.

Il 24 febbraio 2003, durante il suo primo anno di università, scrive nel suo diario: “Scrivo perché non riesco a dire a nessuno quello che sto vivendo in questo periodo di università. Provo tutto, sento tutto, vivo tutto! Desidero essere felice ma spesso le circostanze che vivo me lo impediscono! Ho tante nuove amicizie, appena sbocciate, per le quali sono grata a Dio che continuamente attraverso loro mi richiama a tenere quegli occhi aperti davanti alla bellezza della vita! Ho il cuore a pezzi e non so perché, ho continuamente qualcosa nello stomaco, qualcosa dentro che non mi fa stare tranquilla! Momenti di tristezza sono all’ordine del giorno ma devo riconoscere che Tu Gesù ti riveli a me ogni momento o attraverso il volto di un amico o nelle parole del libro che sto studiando… in tutto, in ogni cosa e io nella mia piccolezza solo raramente ti riconosco! Gesù rivelati a me, donami un cuore puro, semplice, pronto ad amarti in ogni istante, un cuore che brami Te, solo Te! Ho paura sempre di tutto, a volte vorrei scomparire, mi sento a disagio spesso con le persone perché ho sempre paura di quello che possono pensare di me! Il ricatto è una brutta cosa! Desidero cose vere, è un’urgenza quella che ho dentro, è un grido. Ogni giorno è una continua ricerca. Ho paura che le persone a cui tengo veramente non corrispondano questo bene per me che io sento per loro: è un bisogno, una necessità per me essere voluta bene. Non mi attira l’amicone, ma l’amico vero. Non mi basta più l’amicizia superficiale, io desidero che l’amicizia diventi un aiuto serio e concreto per seguire Te, Gesù. Desidero che tutto mi parli e mi faccia aprire gli occhi! Io sono fatta per la Grandezza! Ho bisogno di imparare a volermi bene, a stimarmi per quello che sono, allora forse le cose cambierebbero un po’ per me, comincerei a fregarmene di quello che possono pensare gli altri di me e probabilmente mi farei meno problemi. È ora di crescere, Marta! […] Da quando sono piccola la domanda di essere felice l’ho sempre avuta forte. […] La mia famiglia è sempre stata la mia forza in ogni momento della mia vita, nei momenti brutti e belli, in quelli importanti, dolorosi che mi hanno fatto crescere. Madonna io ho speranza in te! […] Gesù mi affido a te, sono nelle tue mani, fai Tu quello che non riesco a fare io. Rendimi felice, Gesù! Lieta…”.

Dopo la laurea triennale, Marta si iscrive alla specialistica in Filologia moderna. Sta frequentando il primo anno quando, nel novembre 2006, giunge fulminea la malattia. Scrive nel suo diario: “Tutto è iniziato il giorno 10 novembre 2006: mi trovavo in università a studiare il mio esame di Architettura moderna quando, intorno alle 17.10 del pomeriggio appena uscita dal bar dell’università per comprare la merenda, ho iniziato a sentire dei forti dolori all’addome, in particolare nella parte destra. […] mi è stato consigliato di andare in ospedale”.

Marta viene ricoverata. Scrive ancora: “Il 15 novembre, sono venuti nella mia camera i miei due chirurghi, perché avevano bisogno di parlarmi. Il dottor Foschi mi ha detto: «Marta, noi non sappiamo cosa hai e perché ti è successo. Dagli esami si vede una grossa massa tra rene e fegato, potrebbe essere una sciocchezza oppure qualcosa di molto più serio come un tumore. Sai, bisogna tenere conto di tutte le possibilità. Per scoprirlo dobbiamo aprire, dobbiamo operarti. Ti opereremo d’urgenza perché dagli esami si vede che hai un calo di emoglobina, hai un’emorragia interna». Poi mi ha detto: «Sei proprio un caso raro, in anni di lavoro non mi è mai capitato un caso del genere». Io ho risposto al dottore: «Ha ragione a dire così, io sono un pezzo unico». Appena i dottori sono usciti dalla mia camera la paura è salita: non avevo mai frequentato ospedali, se non per un prelievo del sangue due estati prima e adesso dovevo essere operata d’urgenza. È stato un mercoledì sera molto difficile, continuavo a chiedermi: “Perché? Come è possibile?”. Non trovavo spiegazioni ma avevo al mio fianco, da una parte e dall’altra del mio letto, Anna e Silvia che mi guardavano in silenzio e sorridevano, mi facevano compagnia; io piangevo, le guardavo continuamente negli occhi e non ero disperata, non lo erano neanche loro. […] Alle ore 10.45 sono entrata in sala operatoria. Mentre preparavano l’anestesia per me ed io ero stesa sul lettino non riuscivo a pensare a niente, avevo paura, da un giorno all’altro ero stata travolta da un fatto assolutamente misterioso e per questo straordinario. Prima di addormentarmi un giovane medico mi ha detto: «Pensa ad una cosa bella, così la sogni mentre dormi». Io gli ho chiesto se per piacere poteva farmi un segno di croce sulla fronte. Appena me lo ha fatto e mi ha lasciato sola per un attimo, ho iniziato a piangere e ho detto: «Signore, per la Tua gloria». Mentre lo dicevo mi sono accorta che avevo tutte e due le braccia aperte e le gambe chiuse: mi sono vista in croce, ero in croce, in croce con Lui, in croce per Lui. Mi sono subito addormentata”.

Durante l’operazione, le viene asportato il rene destro. I medici confermano che si tratta di un tumore in stadio molto avanzato. Ma Marta non ha bisogno di alcuna terapia, perché fin dai primi controlli, eseguiti dopo l’operazione, risulta inspiegabilmente guarita.

Marta così riprende gli studi. Contemporaneamente, continua il suo cammino di ricerca della verità e dell’amore a Cristo. Ad un incontro di universitari della Cattolica, interviene dicendo: “Ho scoperto che neanche un miracolo può soddisfare il mio cuore. Ho un grandissimo desiderio di essere felice. Ho bisogno di poter riconoscere sempre di più che tutto il desiderio che vivo di essere felice, di essere amata, di pienezza totale coincide con la volontà di Dio. Perché questo io l’ho vissuto nella mia malattia: mentre ero in ospedale e dovevo essere operata e dopo l’operazione, il mio cuore non ha mai smesso di desiderare di essere felice nel dolore, di desiderare tutto; ed è successo, ero sorprendentemente contenta e non vedevo l’ora che arrivasse mattino per vedere cosa mi sarebbe accaduto nella giornata; tutto era sorpresa. È stato possibile, è possibile e non posso più tornare indietro. La mia vita adesso, più di prima, è diventata profondamente drammatica, ho un desiderio immenso che mi brucia dentro, che mi fa tremare e mi fa chiedere: Tu che mi hai ridato la vita una seconda volta, tu che mi hai salvata, cosa vuoi da me? Perché mi hai donato tutto questo? Perché mi fai desiderare tutto così potentemente? Tu che mi puoi togliere e mi puoi dare tutto, continua a mostrarmi il tuo amore e permetti che io non ti resista ma mi abbandoni totalmente a te. Io sono in ginocchio, sto vivendo in ginocchio e il dramma più grande che vivo ogni giorno è lasciarmi amare ancora, donarmi completamente, non avere paura di desiderare tutto, non avere paura della potenza del mio desiderio. Quello che voglio imparare a dire con sempre maggiore convinzione e certezza è: sia fatta la tua volontà, non la mia, ma la tua volontà, questa è l’unica strada che vedo possibile per me per poter vivere il centuplo qui sulla terra e per l’eternità nei cieli”.

Marta ripete spesso: “Io voglio tutto”. Riconosce sempre più chiaramente che ciò che rende la sua vita vera nel profondo è il rapporto con la presenza di Cristo, conoscerlo e amarlo: “La cosa che chiedo quando mi alzo è «Conquistami». Non ho un desiderio più grande. Io voglio stare con Gesù”.

Nel suo cammino quotidiano, Marta riconosce la presenza di Dio dentro ogni circostanza, lieta o dolorosa che sia, e il suo inarrestabile desiderio di felicità si concretizza in abbandono fiducioso e consegna radicale di sé al Padre: “È davvero grande il desiderio che ho di amare Gesù, di poter immedesimarmi con Lui… e di lasciarmi amare così come sono abbandonandomi fra le Sue braccia” scrive. E ancora: “Ho visto che le cose non mi bastano, io voglio essere felice, voglio una pienezza totale, è l’unica cosa che desidero più di tutto”.

Nel settembre 2008, Marta riceve un incarico come insegnante di sostegno a Gallarate. La sua vita sembra prendere un nuovo ulteriore sviluppo, ma questa corsa subisce ancora una brusca svolta. La malattia riaffiora, all’intestino e al fegato. Da subito, per Marta, questa diventa l’occasione per vivere quella “pienezza totale” che tanto desidera, senza mai cedere allo sconforto. Scrive ad una sua amica: “Io sono agitata e ho paura ma allo stesso tempo mi scopro lieta e fiduciosa, ricca di tutta la mia vita fino ad ora e dell’abbraccio forte che mi sta stringendo ogni giorno, attraverso le persone che Dio mi mette continuamente vicino. Non sono mai sola. […] Gesù vuole che io porti la Sua croce e il Suo sacrifico, con Lui e per Lui. […] questa è la mia vocazione. Accade per la nostra conversione, per la conversione di tutti”.

Marta è cosciente che c’è un Bene da vivere fino in fondo. Il modo con cui affronta anche questa nuova prova colpisce e cambia la vita di tante persone, che si danno il cambio per accompagnarla alle visite in ospedale e alla Messa quotidiana, a cui lei tiene particolarmente.

A scuola, nonostante la malattia e pur essendo alle prime armi, Marta si impegna con tutta se stessa, diventando un punto di riferimento per alunni e colleghi. La sua presenza non passa inosservata. Con lei le cose cambiano, tanto che la vicepreside spesso esclama: “Marta, sei entrata!” per indicare il clima vivo e gioioso che genera in classe.

Marta comprende che il suo compito è quello di contribuire a edificare, con la sua vita, quella della comunità cristiana. Scrive nel suo diario: “Io sto offrendo a Dio questa malattia per i miei amici, poi ci pensa Dio cosa farne… qualcosa lo vedo già, qualcos’altro lo vedrò in cielo…”. E ancora: “Ho molto la domanda di capire cosa vuol dire che la mia vocazione è la mia malattia e poi perché. È una cosa strana, uno, quando si parla di vocazione, pensa a una forma precisa, o matrimonio o verginità. Perché io questa? A me sembra di capire che la vocazione è nell’istante. Posso dire che durante questo anno sono cambiata offrendo: è cresciuta la coscienza che quel che vivo può incidere nel mondo. Io desidero un possesso vero di tutto…”. Scrive anche ad una sua amica: “Sto scoprendo che l’offerta è una cosa bellissima, è una preghiera potente: offrire la mia malattia per le persone che amo e non solo, cambia me ed è una preghiera ascoltata da Dio. Tutti possono offrire a Dio quello che vivono, in qualunque condizione si trovino, poi ci pensa Lui come usare la nostra offerta”.

Dopo un anno di cure, le condizioni non migliorano. Nell’estate del 2010, Marta affronta il trapianto del midollo osseo. L’operazione riesce bene, ma gli effetti non sono quelli sperati. Marta continua a peggiorare, fino a quando, nella notte dell’8 ottobre 2010, a soli 27 anni, si spegne nell’abbraccio del Padre.

Un mese prima di morire, Marta arriva a dire: “Per me Gesù è «Io sono Tu che mi fai». La cosa più evidente è che siamo oggetto di un amore infinito, un Altro ti ha voluto e ti vuole bene. […] Per essere felici occorre amare Lui più di tutto, sopra ogni cosa e questo ti fa amare tutto, più intensamente. Io amo tutto, tutto della mia vita, da quando sono nata fino ad adesso. La vita è gioia e dolore ed è così perché l’ha fatta così Gesù, è per questo che dico sì alla mia malattia. Uno si lava, si veste bene, sceglie delle cose belle, ha cura di sé perché un Altro ha cura di lui. Questo succede per grazia […]”. E, parlando della sua vita, afferma: “Mi è stato risposto e mi è sempre stato dato di più… io sono la prova vivente che Dio non inganna”.

Una delle sue amiche più care ricorda: “Ci siamo trovate il giorno del funerale e ci siamo accorte che non eravamo lì a ricordare un’amica che non c’era più. Non so spiegarlo. Ma non si trattava di una fine. Tra noi era chiaro. Si percepiva, nelle parole, negli sguardi, nelle sensazioni. Ce lo siamo anche detto esplicitamente, stupite. Marta era viva come non mai”.

(testi tratti dal libro Marta Bellavista. Voglio tutto)

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