MARTINA CILIBERTI: UNA GUERRIERA SORRIDENTE

Soprattutto siamo invitati a riconoscere che siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (Eb 12,1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. […] Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore.

(Papa Francesco, GE 3)

 
Martina Ciliberti ha vissuto a Mariglianella, piccolo comune nelle vicinanze di Napoli. La sua seconda casa negli anni dell’adolescenza è stata per lungo tempo – a causa di un tumore – una stanza dell’ospedale Gemelli di Roma. Amante della vita, della sua famiglia, della musica, dei social, delle serie tv, adorava il mare e non smetteva di sorridere, neanche nei giorni più duri. In ospedale ha maturato l’amore per lo studio, la lettura, il disegno e la scrittura. Ha lottato con passione e determinazione fino al 10 marzo 2017.

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“Il dottor Giorgio mi fece accomodare vicino a lui; da quel gesto capii tutto. Ci disse che qualcosa non andava, che qualcuno era tornato senza alcun permesso, quando nessuno lo avrebbe voluto, ma lui era di nuovo lì. In quel momento mi sentii davvero male, non riuscivo a metabolizzare, chiesi di uscire. Andai vicino al muro e iniziai a piangere e a urlare. Mi sentivo davvero disperata. Quell’“alieno cieco e privo di emozioni” stava provando ancora una volta a strapparmi via da una cosa che io amavo sempre di più: la mia vita. Quella vita che aveva acquistato un valore aggiuntivo dopo i dieci mesi che erano appena trascorsi. Mi ritrovavo lì a dover riaffrontare un’altra battaglia, la guerra era ancora aperta. Ricordo le tante lacrime, i calci e i pugni contro quel muro. Seduta sul divanetto c’era Stella, che non riusciva a capire bene cosa stesse accadendo perché stava aspettando notizie. Non so dove trovai la forza e il coraggio per rientrare a parlare con il dottore; forse era proprio la rabbia di voler capire come fosse possibile tutto ciò. Ricordo che il dottore ci disse che il male era ritornato e questa volta le cure sarebbero state ancora più dure; ci disse che solo nel 15 per cento dei casi si presentava una recidiva e io ero proprio in quel 15 per cento… Mi chiese se volevo restare subito per il ricovero o tornare a casa per ritornare in ospedale il lunedì. Io dissi di voler rimanere per iniziare quanto prima. Ricordo che appena finii di parlare con il dottore chiamai Lina, la mamma di Ciro, perché ero disperata. Non sapevo come e con quali parole comunicare a Ciro tutto quello che era accaduto, non riuscivo a trattenere le lacrime, ma trovai il coraggio di chiamarlo e dirgli: «Amore, c’è bisogno di combattere: il mostro è di nuovo qui». In quel momento avevo solo tante domande con quasi nessuna risposta. L’unica cosa che sapevo era che il mostro era tornato: non aveva ancora capito con chi aveva a che fare!

I miei e mia sorella erano distrutti. La prima volta era stato brutto, ma la seconda volta lo era ancora di più: sapevo già cosa avrei dovuto affrontare. Ricordo che quella sera tornai dal dottor Giorgio e gli dissi che in quel momento avremmo potuto piangere, ma già dal giorno dopo dovevamo mettere le armi in campo e avremmo dovuto iniziare a combattere. Il dottore si alzò e mi abbracciò. In quell’abbraccio sentii il calore di un padre, non di un medico. […]

[…] Quella chemio fu fortissima. Sembrava che mi strappasse via ogni briciola di forza e di speranza. Ricordo che con quel tipo di protocollo stavo davvero male. Nel corso della mia malattia ho sempre avuto la forza di mutare una lacrima in un sorriso, ma quella volta avevo un dolore così forte che piangevo e chiedevo aiuto a Dio. Sono sempre stata pronta ad affrontare tutto, chemio, siringhe e qualsiasi dolore, senza aver paura di niente, ma quella volta era davvero tutto insopportabile. Ero triste perché di solito ero sempre disponibile per gli altri ammalati, ma questa volta non ci riuscivo. Poi, col tempo, mi tornarono le forze e a mia volta provavo a dare sostegno a Federica, Giulia e agli altri bambini. […]

[…] Da sempre, in quel reparto, cercavo di strappare un sorriso, una risata partendo dai più piccoli sino ad arrivare agli adolescenti come me. Molte volte ero proprio io ad avere paura, ma davo coraggio a chi ne aveva come me o di più, facendo anche finta di avere la certezza che sarebbe andato tutto bene. Quella “finta” sicurezza mi portava poi a convincermi di ciò che dicevo. Facevo con gli altri ammalati ciò che volevo venisse fatto a me.”

(tratto dal libro Martina. La lotta coraggiosa di una guerriera sorridente)

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“Dio è sempre con me. Lui è sempre al nostro fianco, in mille avversità, non a farle passare subito ma a darci la forza e il coraggio per oltrepassare tutto.” (Martina)

“Se si vuol vincere nella vita, non bisogna mai smettere di lottare. Un messaggio che vorrei dare a tutti voi ragazzi è quello di non sprecare mai un giorno della vostra vita, perché come dicevo prima, ci sono persone che lottano ogni giorno per andare avanti e lo fanno sempre con il sorriso. Quindi voi che siete fortunati VIVETE E SORRIDETE.” (Martina)

“Le cose vanno affrontate con il sorriso, perché dalla paura nasce la tua forza. Bisogna avere pazienza e tanta forza. Raggiungi il traguardo se sei davvero convinto di raggiungerlo.” (Martina)

“Dopo la tempesta esce sempre il sole.” (Martina)

“Martina ha vissuto poco più di diciassette anni, ma ha dato valore e senso a ogni giorno della sua vita. Ci sembra incredibile che in così pochi anni abbia saputo divenire la persona forte e determinata che era. Mai si è arresa di fronte alla malattia e alle infinite difficoltà che l’hanno accompagnata; mai si è lasciata abbattere di fronte alla fatica, al dolore, agli ostacoli, e se pure aveva qualche momento di debolezza era passeggero, Martina risorgeva più forte e determinata di prima. È stata lei a dare forza, coraggio e speranza alla famiglia, nonostante fosse la più piccola; è stata lei ad aiutare gli altri a crescere nella fede, nel coraggio, nella determinazione. Dopo essere stati accanto a lei, tutti si sentono diversi, capaci di far fronte alla vita in piedi, con lo sguardo rivolto verso l’alto.” (Stella, sorella di Martina)

“Martina ha insegnato a tutti noi, grandi e piccoli, ad andare avanti nonostante le difficoltà che quotidianamente la vita ci impone di affrontare. Un messaggio di speranza di una ragazzina di appena diciassette anni, che ha lottato fino alla fine contro un nemico più grande di lei. Martina era una leonessa. Una guerriera.” (Daniela, insegnante di italiano e storia nel reparto di Oncologia pediatrica del “Policlinico Gemelli” di Roma)

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Guarda la puntata di Bel tempo si spera sulla storia di Martina.

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