Notti e silenzi… prima di una nuova alba – Gv 21,1-14

Sandali lago di Tiberiade

Galilea, Lago di Tiberiade

Era già accaduto qualcosa di simile nella vita di Pietro. Tre anni prima sul lago Tiberiade. Se lo ricordava bene Pietro: una pesca da schifo, la notte insonne, il malumore, poi d’improvviso Gesù aveva chiesto in prestito la barca. Pietro stava per dargli una rispostaccia, di continuare a fare il falegname invece di insegnare ai pescatori di pescare. Ed invece… una pesca miracolosa e Pietro che si butta in ginocchio. Tre anni erano passati ed ora era finito tutto: “Io vado a pescare”.  Scoraggiati e incostanti, Pietro ci guida. Come Pietro davanti alla delusione ci riappropriamo della vita stanca, pensiamo che ormai abbiamo fallito! Ma la depressione non porta vita! E di nuovo nulla nelle reti, pesci assenti, nessuna consolazione. La notte sta per finire, ma per quanto sia lunga e faticosa, la notte finisce sempre con una nuova alba! Il buio è arginato, non può superare il limite che Dio gli assegna. Pietro torna a riva con i suoi amici e nessuno si accorge del pescatore mattiniero che gli si avvicina. “Pescato niente?” “No!” nessuno ha voglia di parlare con questo peso nel cuore! Il mattiniero non si arrende: “Perché non riprendete il largo?” Giovanni guarda, Pietro pure. Alzano lo sguardo… quella frase l’hanno già sentita, molti anni prima. Prendono il largo, gettano le reti, accade! Pietro capisce, il cuore gli pulsa nelle tempie, gli scoppia. No non è un caso. È Lui! È Giovanni a urlare, è lui che lo riconosce. Pietro stavolta si fida ciecamente, si butta in acqua, come aveva fatto in quella memorabile notte di tempesta sul lago. A riva si svolge una scena tenerissima. Gesù chiede qualche pesce appena pescato. Gesù arrostisce, tutti tacciono ora. È proprio Lui, lo riconoscono nel gesto del servizio, nel sacramento dell’accoglienza. Ancora una volta il Maestro li ha raggiunti alla fine della notte.

“Mi ami tu?” Non: “ Mi sei amico?” Pietro tace, certo che lo ama, vorrebbe urlare, ma ormai è tardi, non è più possibile. “Ti voglio bene, Signore”.

“Mi ami?” Ancora? Quante volte dovrà sentirsi mancante? No, non può insistere, lui non può promettere altro. “Ti voglio bene, Signore”.

Gesù sorride, lo fissa lungamente: “Pietro, mi vuoi bene tu?” Pietro si ferma, alza lo sguardo. Gesù sa che non è in grado di amare, ed è lui ad abbassare il tiro. A Gesù va bene così…

Pietro sospira, lo guarda: “Cosa vuoi che ti dica, Signore?”

Bene! Questo voleva il Signore, la consapevolezza del suo limite. Ora Pietro è pronto, ora sa che non c’è tenebra che possa impedire di essere amati. Non la fragilità, non la paura, non il carattere, non il peccato, non la malattia, non la debolezza di fragili creature. Pietro ora sa, ora può!

Gesù lo guarda. Sorride e pronuncia un invito: “Seguimi!”

Seguilo, Pietro! Ora sei libero per amare, libero dalle tue fragilità, libero dalle tue paure, libero da ciò che pensavi fosse indispensabile per essere discepolo. Libero, Pietro, finalmente libero di amare.

Bookmark the permalink.

Comments are closed.